giovedì 26 gennaio 2023

Questa volta leggo… L’isola degli alberi scomparsi - Elif Shafak

Ed ecco che riprendiamo nel nuovo anno con questa rubrica per cui scegliamo ogni mese un tema diverso a cui informare le nostre letture.

Questo mese, in linea con le festività natalizie ormai concluse, il tema è stato CIBO.

La lettura che ho scelto è stata L’isola degli alberi scomparsi, di Elif Shafak, lettrice turca che però in questo caso ambienta la narrazione a Cipro.

Cominciamo col botto!!!



L’isola degli alberi scomparsi - Elif Shafak

368 pagine

2021

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️


Londra 2010. Kostas e Ada sono un padre e una figlia di origine cipriota ma che vivono a Londra, che vanno avanti nelle loro esistenze con un po’ di fatica, fino all’episodio in cui la ragazza a scuola comincia ad urlare senza apparente motivo e non riesce a smettere.

Il padre lo conosciamo che sta andando a seppellire una pianta di fichi, per proteggerla.


Cipro, 1974. Kostas e Defne sono due giovani innamorati destinati a subire la terribile maledizione di essere nati uno da una famiglia greca e l’altra da una turca e di trovarsi sull’isola proprio quando scoppia la guerra civile, immediatamente tenuta a freno dalle truppe inglesi sbarcate sull’isola, che però a lungo andare nulla possono contro la furia cieca e sfrenata tra fratelli dai due lati dell’isola.


Londra, anni 2000. Kostas e Defne sbarcano in Inghilterra, e aspettano un bambino.


La narrazione si sviluppa su questi due piani narrativi distinti e, da un certo punto in poi, su un terzo.


I capitoli che riguardano i tre periodi sono inframmezzati da quelli in cui a narrare e raccontarsi è la pianta di fico, quella che il padre sta andando a seppellire e che ha accompagnato i protagonisti dall’inizio fino al presente, assistendo a tutta l’evoluzione del loro rapporto.

Ma non sono solo questo. I capitoli della pianta sono quelli che riescono a dare una visione d’insieme degli eventi, un punto di vista esterno, in parte disinteressato, e molto più elevato rispetto a quello degli esseri umani. 


“Quel che vi racconto, dunque, è senza dubbio filtrato dal prisma delle mie opinioni: non esiste narratore completamente obiettivo. Ma ho sempre cercato di vedere ogni storia da diverse angolazioni, in prospettive mutevoli, per trame contrastanti.

La verità è un rizoma, uno stelo sotterraneo che germoglia di lato. Per raggiungerla bisogna scavare parecchio e, una volta scoperta, va trattata con rispetto.”


“Però importa a me. E quindi, finché sarò in grado di raccontarla, includerò in questa storia anche le creature del mio ecosistema: gli uccelli, i pipistrelli, le api, le formiche, le zanzare e i topolini. Perché se c’è una cosa che ho imparato è questa: ovunque ci sia guerra e dolorosa spartizione, non ci sono vincitori. Nè umani, nè d’altro genere.”


L’isola degli alberi scomparsi è Cipro, isola piena di sole, dalla vegetazione rigogliosa e dalle mille specie animali, dai frutti succosi e dai cibi invitanti, dei campi di lavanda e dei cespugli di ginestra pieni di fiori e di insetti rumorosi. E di alberi secolari di fichi, come quello che cresce proprio al centro della taverna di Giorgos e Yusuf, due amanti che, oltre ad essere un turco e un greco, hanno la sventura di essere anche una coppia gay, che forse è ancora peggio per i tempi, sull’isola.

Quella stessa isola che, dopo la guerra ritroviamo devastata, arida e spoglia della vegetazione che la contraddistingueva, ma piena di cadaveri seppelliti in fosse comuni, ormai diventati ossa, che il gruppo di archeologi di Defne, ormai adulta, ricerca per dargli degna sepoltura e, soprattutto, per dare alle famiglie un cadavere su cui piangere.


“Le vittime avrebbero continuato a vivere nei modi più sorprendenti, perché è questo che la natura fa alla morte: trasforma finali improvvisi in mille nuovi inizi.”


La pianta di fico è la stessa pianta che viveva sull’isola, nella taverna, tanti anni prima, la pianta con cui Ada ha stabilito un legame, di cui le sembra di percepire le emozioni. Ed è il pretesto tramite cui la ragazza riesce finalmente, anche grazie alla zia Meryem che conosce solo adesso e che vede per la prima volta a Londra dalla sua nascita, a conoscere le proprie origini ricostruendo il proprio passato e scoprendosi indissolubilmente legata a quell’amore tormentato, a quelle famiglie ferite, a quel trauma che ha ereditato. E la mancanza di senso di appartenenza che prova, insieme alla rabbia per il senso di mancanza dovuto alla morte inaspettata della madre, dà vita a quel bisogno di urlare che diventa virale scatenando in tutto il mondo il fenomeno del #misentiadesso.


Al centro della storia stanno le tradizioni, le usanze e le credenze di Nicosia, come quella della medium e dell’ esorcista, e il cibo, a partire dai fichi maturi e dalla polpa fragrante che produce la pianta, che restano a marcire quando non c’è più nessuno rimasto a raccoglierli, alle prelibate pietanze che Meryem insegna a preparare alla giovane, che fanno da collante tra il vecchio e il nuovo, che creano un ponte tra quel passato che non può più tornare ma che costituisce le radici che, sole, possono rinsaldare e dare stabilità al nuovo fusto che sta costruendosi, crescendo.


“Non appena fuori, la brezza gli portò un profumo ormai dimenticato. Gelsomino, pino, pietre cotte dal sole, un odore che pensava di aver seppellito chissà dove nel labirinto della memoria. La mente umana è un posto stranissimo, patria ed esilio al tempo stesso. Come faceva a trattenere qualcosa di sfuggente e intangibile come un profumo quando era in grado di demolire pezzi interi del passato, mattone per mattone.”


I sentimenti e le emozioni sono tutto in questa famiglia spezzata, in ogni singolo protagonista, ferito dal passato ma con buona volontà e tante speranze per la nuova vita che stanno iniziando.

Sono quello che segna ogni abitante dell’isola, con una ferita ancora sanguinante da ricucire, con le atrocità che solo l’essere umano è capace di commettere, laddove basterebbe imparare un po’ dagli animali e dalle piante, per rispettarli ma anche per rispettarci.


“Forse in un mondo vincolato da regole e cavilli piuttosto insensati e che di solito privilegiavano i pochi sui tanti, la follia era l’unica vera libertà.”


“Immaginati Adacim, un soldatino biondo, slavato, mai stato al sole, che arriva dall’altro capo del mondo e ti si piazza lì, solo per evitare che tu ammazzi il tuo vecchio vicino di casa o che lui ammazzi te. Non ti sembra una cosa tristissima? Perché non possiamo vivere in pace, tutti quanti, senza soldati e mitragliatrici?”


6 commenti:

  1. Non conosco questo libro, ma non credo sia uno di quelli che fa per me

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  2. ti ha colpito tanto questo libro a quanto vedo!

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    1. Sì sì davvero bello bello e pieno di emozioni nonostante sia molto scorrevole e semplice come narrazione

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  3. non conoscevo questo libro, ma che bello leggerti così partecipe

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  4. Bella la tua recensione, felice che ti abbia così coinvolta

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