martedì 28 marzo 2023

Ci provo con… Io ti ho trovato - Lisa Jewell


E rieccoci con la rubrica in cui proviamo a conoscere nuovi autori anche, perché no, qualche volta spingendoci al di fuori della nostra confort zone.

Questo mese con questa rubrica non mi è andata benissimo perché non è un libro che non mi sia piaciuto ma un forse, che mi ha completamente spiazzata e che, potenzialmente sarebbe anche una lettura piacevole però non era quello che cercavo in questo momento, e cioè un thriller bello intenso.



Io ti ho trovato - Lisa Jewell

Neri Pozza, maggio 2017; 349 pagine

⭐️⭐️⭐️


Il punto di partenza della storia raccontata in questo libro è abbastanza comune: il classico uomo ritrovato sulla spiaggia da una donna, Alice, dopo aver perso la memoria e quindi senza identità, e questa che può immaginare di lui quel che le pare.

L’originalità di questo libro però sta nelle storie trasversali: quella di Lily, giovane ucraina arrivata da poco in Inghilterra dopo il matrimonio con Carl Monrose, che ne denuncia la scomparsa e comincia a cercarlo col collega di lui, Russ, e quella riferita al passato, precisamente al 1993, di due fratelli adolescenti, Graham e Kirsty, che, in vacanza con la famiglia, incontrano lo strano Mark Tate, che sconvolge le loro vite.

Questa trovata dell’alternarsi nella narrazione dei tre piani, fa nascere il mistero.

Lo sconosciuto smemorato, ribattezzato Frank, sarà Mark? Sarà pericoloso? Cosa nasconderà?

Ora, lette queste parole, verrebbe automatico pensare a un thriller ma no. Si tratta di…boh mi viene difficile in realtà definire il genere di questo libro perché non è nemmeno un giallo, dato che non c’è nessuno che indaghi nel vero senso del termine ma c’è un solo momento, alla fine, in cui i diversi protagonisti mettono insieme i pezzi e fanno una piccola ricerca che dura veramente poco.

E anche definirlo un romance, nonostante la storia d’amore sia centrale, mi sembrerebbe riduttivo, perché è vero che è presente ma il fulcro è il mistero e non il rapporto di coppia.

E questo mistero dura fino alle ultime pagine, in cui viene svelato tutto e vengono tirate le fila delle varie vicende.

Gli eventi che si sono svolti nel passato sono quanto di più crudele possa esistere, soprattutto nella conclusione, dove le false speranze vengono purtroppo deluse.

Ma tutto lo svolgimento è costruito molto molto bene e anche la scrittura è talmente scorrevole e svelta da portarti a voler leggere ancora per saperne di più, macinando pagine dopo pagine fino a renderti conto di essere arrivato alla fine.

La protagonista mi infastidisce parecchio non tanto per il suo essere sfigata, incapace, senza personalità e totalmente sprovveduta, quanto per il suo sbavare dietro al primo che arriva, commiserarsi e mettere a rischio i figli ogni minuto, comportandosi per niente da madre.

Nemmeno Lily mi piace, così spocchiosa, egoista e piena di sè, al punto da dare ordini a un uomo appena conosciuto, ma di lei mi ha però toccata la lucidità, soprattutto che riesce a mantenere nel momento in cui emerge la verità. Non so se ne sarei stata capace.

Quello che più mi piace è Graham, soprattutto nella ricostruzione ma anche nel suo affrontare la realtà e ricostruirsi.

Sono curiosa di leggere altro dell’autrice e vedere se questo sia solo stato un caso fortunato o se la sua abilità sia confermata.

lunedì 27 marzo 2023

Questa volta leggo… La danza delle rane - Guido Quarzo

E per questo mese il tema delle nostre letture è stato deciso nella parola sport, come si può vedere dal bellissimo banner della grafica Dolci.

Stavolta ho faticato davvero tanto a trovare qualcosa che mi convincesse e andasse bene per il tema senza travisarlo.

E poi alla fine, mentre cercavo, come per magia, mi si è palesato questo libretto e per fortuna perché mi ha davvero conquistata!


 

La danza delle rane - Quarzo, Vivarelli

Editoriale scienza, aprile 2019; 121 pagine

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️


Sono arrivata a scoprire questo libro perché la danza e il ballo sono la mia vita, ho cercato qualcosa di attinente e, quando ho letto la trama di questo, ne sono stata ispirata.

Ma la realtà è andata ben oltre l’immaginazione, perché si è rivelato un piccolo gioiellino.


In una così breve durata, e con la semplicità di un libro per ragazzi, con un giovane ragazzo di quasi 14 anni come protagonista, è raccontata la storia dell’abate Spallanzani da Scandiano, e delle sue ricerche sulla riproduzione e la fecondazione, ma non solo. 

Perché in questo libro vengono narrate le reazioni dei paesani e della gente semplice, e spesso ignorante, alle nuove scoperte, che cambino il punto di vista sul mondo scientifico e come il primo passaggio per chi compie scoperte scientifiche sia quello di vincere la battaglia con l’ignoranza, e la resistenza al cambiamento.

Primo tra tutti quella della religione.

Infatti è il prete del paese il primo detrattore delle sue ricerche, e questo fa tanto più strano quanto si pensi che l’abate Spallanzani fosse appunto un uomo di chiesa, un gesuita, e quindi bene avvezzo alla materia.


La danza è delle rane perché gli studi dello scienziato sono iniziati proprio da questi animaletti, di cui studiava le uova e il modo di riprodursi.


“Immagina che la vita sia una specie di danza, uno di quei balli in cui è necessario formare delle coppie: dove si formano le coppie la danza prosegue, se non si formano le coppie si ferma il ballo. Ora si tratta di vedere in quale di queste vasche si apriranno le danze: il ballo della vita.”


È stato bello anche leggere delle zone circostanti, di aspetti storici, come quelli relativi al marchese, e di come la zona fosse molto più naturale rispetto a oggi, anche se ai miei occhi Scandiano resta comunque uno dei paesi migliori della provincia.


Infine il protagonista Antonio, figlio del mugnaio del paese, destinato a lavorare al mulino del padre, che mostra una spiccata intelligenza e capacità di andare oltre le apparenze e di mettere insieme i pezzi e trarre delle soluzioni originali, è la scelta più azzeccata di tutte. Chiunque altro al suo posto non avrebbe avuto lo stesso effetto.

Invece questa mossa si rivela una scelta piacevolissima che rende divertente e coinvolgente la lettura.

Il linguaggio semplice usato per parlare di lui, nonostante il narratore in terza persona, la naturalezza con cui si avvicina alle cose, anche a quelle che non comprende fino in fondo, lo rendono subito simpatico a tutti. 

E il suo riscatto è stato l’aspetto migliore, per cui sfido chiunque legga a non fare il tifo per lui.


“Il fatto è che viviamo in un momento di di grandi novità per le scienze, e per molti è difficile abbandonare le vecchie idee. Ma chi ci ha dato l’ingegno che ci distingue dagli animali e dalle piante? Chi ci ha concesso la capacità di pensare, parlare, scrivere, studiare, trasmettere le conoscenze a chi verrà dopo di noi? Chi ci ha permesso di interrogarci sul mondo? Chi se non Dio? E non gli manchiamo di rispetto se non usiamo questo suo dono per conoscere la natura? La natura, in tutta la sua bellezza e la sua diversità.

-Dunque possiamo aspirare a capire ogni cosa? È questo che quella sera al mulino avete chiamato progresso?

-Sì e no. Esistono misteri che non capiremo mai. La mia fede è salda, anche se i parroci di campagna, e perfino qualche vescovo, ne dubitano. E io ho ben chiaro ciò che si può sperare di comprendere e ciò in cui si deve soltanto credere. Tuttavia ci sono anche studiosi di grande intelligenza che rifiutano l’idea del Creatore.”

venerdì 24 marzo 2023

Tu leggi? Io scelgo… Anna - Niccoló Ammaniti

Eccoci al consueto appuntamento mensile con la rubrica che amo, in cui veniamo tutte abbinate random tra di noi da Chiara e dobbiamo scegliere uno dei titoli letti dalla partecipante a cui siamo state associate.

Io, contentissima, ho dovuto scegliere di nuovo da Francesca ed ho scelto il libro di Ammaniti, Anna, un po’ perché mi fido ormai della sua opinione, un po’ perché ero rimasta colpita dal primo titolo letto da poco dell’autore (Qui trovate la sua recensione).

Purtroppo stavolta non sono stata così fortunata come le altre volte, ed ora vi spiego perché…



Anna - Niccolò Ammaniti

Einaudi, maggio 2017; 314 pagine

⭐️⭐️⭐️


Anna e Astor sono gli unici bambini sopravvissuti sulla faccia della Terra, colpita da un’epidemia di un morbo soprannominato La Rossa, a causa delle macchie rosse che ne segnano la comparsa e che spegne le persone in pochi giorni.

Anna che è la più grande, è stata incaricata dalla mamma di occuparsi del fratello, trovando aiuto nel quaderno “delle cose importanti” in cui le ha lasciato scritto tutto quello che le potrebbe servire sapere.

Nella provincia di Palermo deserta, il mondo sembra finito, tornato all’età della pietra, senza più elettricità, automobili nè cibo già preconfezionato, tranne qualche rara risorsa di scatolette, spesso andate a male. I due bambini devono contare solo sulle proprie forze, anzi Anna deve farlo, perché al fratello ha raccontato che al di fuori della recinzione del podere Il gelso in cui vivono, si muore e solo lei riesce a respirare l’aria infetta, per poterlo proteggere dai pericoli continui in cui incappa lei stessa. Tipo animali diventati aggressivi perché non trovano cibo, oppure tipo altri ragazzini come lei che inaspettatamente scopre ancora vivi.

Fino al giorno in cui, tra i tanti imprevisti durante la ricerca di cibo, mentre lei è fuori il bambino sparisce.

Da lì inizierà il viaggio della protagonista per ritrovarlo e poi con altre mete.


Seconda volta per me con Ammaniti nel giro di meno di un mese, questo libro mi ha spiazzata.

Innanzitutto perché non mi sarei aspettata esattamente un distopico da lui, pur avendone letta la recensione di Francesca, e soprattutto perché mi ha stupita come sia capace di cambiare registro narrativo, adattandosi a generi così diversi, pur essendo fondamentalmente entrambi rappresentati da dei giovani ragazzi.

Mi ha anche colpita molto leggere la data di pubblicazione del libro: è il 2015, anni prima di quelli in cui siamo stati colpiti in tutto il mondo dall’epidemia di covid, che, come nel libro, si è ipotizzato creato da mano umana.

Tutto quello che succede nella storia e che probabilmente, in epoche diverse, si sarebbe pensato fantascientifico, oggi sa un po’ di amaro, perché non sembra poi tanto distante e impossibile da avvenire anche nella realtà.

Forse per questo, nonostante abbia apprezzato l’idea, non sono riuscita a non fare fatica nel portarlo a termine, guardandolo come lettura non del tutto piacevole, anzi, nonostante poi quando le leggevo mi rendessi conto di divorarne decine e decine di pagine per volta. 

Da un lato provavo la curiosità di vedere come andasse a finire, dall’altro il timore di trovare nuove violenze e aggressioni.


In particolare non ho mai apprezzato nei libri le violenze sugli animali, e questo, essendocene diverse e per più volte, me lo ha reso un tantino ostico.

Mi ha ricordato tanto Il signore delle mosche, per il modo in cui lo scrittore esprima l’idea di base che le persone, una volta fuori dalla civiltà, diventino violenti e simili a selvaggi, senza quasi più umanità e rispetto l’uno per l’altro o per le sofferenze di qualsiasi altro essere vivente.

Sono dell’idea che questo sia vero solo in parte, per quel che riguarda il fatto che sia la società a tenere imbrigliati e a incanalare alcune energie e istinti che, diversamente, si esprimerebbero senza remore; ma non condivido questa spinta all’estremo della totale perdita di controllo, anche se poi credo che questa sia un po’ la paura di tanti di noi, e che possa esserlo stata quando siamo stati assaliti da un virus che ha mietuto tante vittime stroncandoci senza pietà e senza cure conosciute per farvi fronte.

Inoltre trovo che altro timore, ugualmente fondato, possa essere quello che tutti noi, una volta raggiunto quel punto di non ritorno, saremmo incapaci di procurarci cibo e di cavarcela soddisfacendo anche le necessità più elementari, perché siamo ormai così assuefatti a una civiltà che ci procura tutto quello di cui abbiamo bisogno e lo porta dritto nelle nostre tavole, che in quel caso saremmo completamente sprovveduti e periremmo in molti prima di riuscirci di nuovo.


Credo che questo libro sia stato scritto come una sorta di metafora della strada presa dalla nostra società e di come non ci sia altra via se non l’auto distruzione continuando in questa direzione, ma anche di come i bambini siano la sola speranza e opportunità di salvezza , e Ammaniti identifica anche un’età precisa oltre cui considerarsi persi.


L’aspetto che mi è piaciuto di più invece è lo spiraglio di amore puro che si delinea, non solo tra i due fratelli, ma anche con Pietro e con Coccolone.

Il modo in cui viene introdotto il cane, e poi presentata la storia del maremmano, stringe il cuore, ma dimostra anche come evidentemente gli animali siano, anche nelle storie, di gran lunga superiori agli esseri umani perché sanno apprezzare il bene che gli viene fatto.