E questo mese, per la rubrica in cui noi blogger scegliamo di leggere un autore mai letto, ho deciso di provarci con Il buio oltre la siepe di cui avevo visto il film tempo fa e che avevo voglia di leggere da parecchio.
E questo mese, per la rubrica in cui noi blogger scegliamo di leggere un autore mai letto, ho deciso di provarci con Il buio oltre la siepe di cui avevo visto il film tempo fa e che avevo voglia di leggere da parecchio.
Titolo: La lunga notte di Parigi
Autore: Ruth Druart
Edizione: Garzanti; 6 maggio 2021
Pagine 480
⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
Ho letto questo libro tutto d’un fiato versando anche qualche lacrima e lo consiglierei a chiunque abbia voglia di aprire la propria mente e confrontarsi con una importante realtà, cioè che non è mai tutto bianco o tutto nero ma ci sono infinite sfumature e motivazioni che rendono molto difficile se non impossibile distinguere i buoni dai cattivi, ma anche sull’importanza della pazienza, e del dare e darsi tempo per riuscire a raggiungere risultati validi.
La narrazione si alterna tra due piani temporali, 1944 e 1953, e spaziali, Parigi e Santa Cruz, diversi, tra l’occupazione nazista della Francia e i suoi abomini non solo nei confronti degli ebrei ma anche dei francesi stessi, e la vita di due coppie sopravvissute che provano a rifarsi una vita.
Sarah e David, ebrei scampati alla morte del campo di sterminio di Auschwitz, che vivono a Parigi, e cercano di recuperare il rapporto con Samuel, il figlio lasciato al momento di salire sul treno per essere deportati, per potergli concedere una speranza di vita; e Charlotte e Jean-Luc, francesi sfuggiti con il piccolo Samuel neonato, per portarlo in salvo, dopo averlo preso in affidamento dalla mamma, quando lui lavorava per le ferrovie e si era ritrovato forzatamente nel campo di transito di Drancy.
Gli orrori della guerra nei campi di sterminio, ma anche nelle città oppresse, anche se non avvenivano combattimenti veri e propri, vengono qui dipinti con una certa crudezza. Ma questa storia verte soprattutto intorno agli orrori che restano una volta finita la guerra, a come le conseguenze di questa si trascinino per anni e anni anche dopo gli armistizi, e continuino a segnare e distruggere le vite delle persone coinvolte.
“Privarli della loro umanità faceva parte del piano nazista. Sarah sospettava che li aiutasse a non vedere i prigionieri come esseri umani. Altrimenti come avrebbero fatto a trattarli con tanta crudeltà? E in quelle proporzioni? Come avrebbero potuto picchiarli, torturarli e ucciderli in quel modo? Come si era arrivati a tanto? Queste domande non smettevano mai di assillarla. Nel mondo normale nessuno avrebbe mai immaginato che gli esseri umani potessero cadere così in basso. E se per miracolo fossero riusciti a sopravvivere, la gente avrebbe mai creduto alle loro parole?”
Nello specifico qui si tratta di come i due giovani genitori si ritrovino, ancora vivi dopo la deportazione, a dover prima ritrovare il figlio che non sanno dove si possa trovare e poi a dover riallacciare i rapporti con lui che non li ha praticamente vissuti e che è invece diventato grande con una mamma e un papà diversi.
Leggendo ci si ritrova divisi tra la compassione per questi due ragazzi che cercano di riprendersi le loro vite spezzate da colpe non loro, e la vicinanza emotiva per questi genitori che, dopo aver patito le pene dell’inferno per poter mettere in salvo un neonato non loro e dargli una vita, abbandonando la propria patria e i propri cari, non trovino il coraggio di cercare i genitori veri, una volta liberati i campi.
“Lo so che ci sei.” Gli stringe forte la mano. “David, quello che abbiamo passato…non appartiene a questo mondo, vero? Non al mondo di adesso. Non è possibile.”
“No.” David asciuga le lacrime silenziose che scorrono sul viso della moglie. “Siamo tornati dall’inferno. Dobbiamo imparare a dimenticare cosa abbiamo visto laggiù.”
“Imparare a dimenticare. Sì. Magari fosse possibile…”
“Forse dimenticare no, ma perdonare sì.”
Le sue parole la colgono alla sprovvista. Si rende conto di non aver mai preso in considerazione l’ipotesi e di non aver mai immaginato che potesse farlo lui. Perdonare.
“Non credo di potercela fare. Non credo neppure di volerlo fare.”
Lui guarda il tavolo. “Io sì. Non è che voglia in alcun modo scusarli, ma…ma credo che…se potessi perdonarli, sarei un uomo migliore.”
Certo sarebbe troppo facile condannare la coppia adottiva, come fanno la gran parte dell’opinione pubblica e la legge, ma, senza di loro, probabilmente il futuro per Sam non ci sarebbe nemmeno stato.
I capitoli narrati dal punto di vista di ciascuno dei personaggi, prima nel passato e poi nel presente, anche se in alcuni casi sono comunque riferiti in terza persona, ci permettono però di calarci interamente nelle vicende, di seguire passo dopo passo l’evolvere della storia, quanto sia sofferta ogni singola scelta di ognuna delle persone coinvolte permettendo di empatizzare con loro, e mette così in discussione qualsiasi scelta.
Sfido chiunque dei lettori, che si fosse trovato in una situazione simile, a sapere con certezza come si sarebbe comportato e quale fosse la cosa più giusta da fare. Perché è proprio questo che in questa storia viene completamente distrutta: la sicurezza di quale fosse la scelta giusta quando, una qualsiasi, avrebbe avuto conseguenze devastanti su tutti gli altri.
Sicuramente ognuno potrebbe avere la propria parte di colpa, ma ciò che alla fine conta di più in questa vicenda è invece la capacità di perdonare, di stabilire una vicinanza emotiva anche con chi si è reputato fino a quel momento, la causa delle proprie sofferenze.
E perchè questo avvenga serve senza dubbio un grande cuore, capace di mettere al primo posto solo ed unicamente il benessere di Sam. E una mamma solo può comprendere come questo debba venire prima di tutto, perfino della propria felicità, anche quando farlo spezza il cuore.
E siamo arrivate all’appuntamento di questo mese con la rubrica che mi piace tantissimo “Questa volta leggo…” in cui noi partecipanti dobbiamo fare una o più letture attinenti al tema scelto.
Questo mese, mese in cui entra la primavera e comincia a fare più caldo, la parola scelta è stata Fiori, ed io, su suggerimento di Chicca del blog Librintavola, ho scelto di dare una possibilità alla Gazzola con questo libro con protagonista diversa dalla amata Alice Allevi, dopo un lutto durato ormai troppo.😆
Titolo: Non è la fine del mondo
Autore: Alessia Gazzola
Edizione: Feltrinelli; 26 maggio 2016
Pagine 219
⭐️⭐️⭐️⭐️
Emma De Tessant è una delle due figlie, insieme alla sorella Arabella, di una famiglia nobile decaduta che ha sperperato il patrimonio negli anni fino a non lasciare loro quasi nulla tranne tanto affetto e un gran valore della famiglia, e questi nomi retró legati a romanzi regency.
Infatti la ragazza, dopo una storia d’amore tormentata, si ritrova a vivere ancora con la madre, complice anche il fatto che, secondo la logica imprenditoriale dei nostri tempi, la casa cinematografica presso cui è impiegata, la Fairmont, le proponga solo contratti da stagista e stipendi da fame, anno dopo anno.
Un bel giorno, a causa di tagli nel badget per scelte sbagliate, questo non può più avvenire ma viene deciso che, tra lei a la collega Maria Giulia che poi si scoprirà essere raccomandata, debba essere lei a restare a casa.
“Ed è proprio in questo momento che sento il tuono della fine del mondo. Adesso sì, posso dirlo senza temere di esagerare, perché quando perdiamo i nostri sogni è mille volte peggio di quando perdiamo qualcosa di reale.
È quello il momento in cui non ci resta più niente.”
Inizialmente Emma sembra cadere nello sconforto abbandonandosi alla negatività e alla rabbia e chiudendosi nelle sue serate fatte di vecchi Harmony, candele, divano e biscotti, ma, andando avanti coraggiosamente nelle proprie scelte, scoprirà che forse non tutto il male vien per nuocere e che i cambiamenti spesso sono fonte di nuove e migliori opportunità.
Confermo con questo libro che lo stile narrativo della Gazzola mi piace davvero.
Avevo amato Alice nella serie dell’Allieva, e temevo questo confronto con nuovi personaggi e temi, ma anche qui, non mi ha per niente delusa e lo stile resta fondamentalmente lo stesso, insieme al fatto che, comunque, anche i temi e i protagonisti restino un po’ gli stessi con la ragazza giovane e sfortunata un po’ incapace nella gestione della propria esistenza, che viene poi sconvolta dallo scontro con un protagonista maschile che mette in dubbio tutte le sue certezze e ne fa emergere i lati positivi, oltre la sua spiccata insicurezza.
Rispetto ad Alice di diverso questa ragazza ha la maturità e la capacità di cercare il bello nella vita, espressione forse anche del lavoro che fa che è molto poco scientifico e più artistico.
E la manifestazione più bella di questo e più riuscita per me si trova nel rapporto con Tameyoshi Tessai, lo scrittore del cui libro lei vorrebbe acquistare i diritti di produzione cinematografica per poterne trarre un film, ma con cui nasce una amicizia vera e profonda, che solo un evento tragico riesce a scalfire e che la aiuta a sviluppare una consapevolezza a lei lontana.
“Tameyoshi china il capo e mi lascia con un monito: Riguardo alla sua scelta…È semplice. Tanto più semplice di quel che lei stessa crede: la scelta giusta è sempre quella che le dà gioia al solo pensarci.”
Inoltre ho semplicemente adorato il negozio di vestiti per bambini artigianali, che sembra un rifugio magico lontano dal mondo e dalle sue brutture, con la signora Vittoria che sembra uscita da un racconto di altri tempi.
Io credo che non avrei esitato a restarci anche se in questo caso viene posto come alternativa tra rischiare e inseguire i propri sogni oppure rinunciarvi.
Ugualmente avrei decisamente apprezzato anche io il villino col glicine che sogna di acquistare, dato che me lo sono immaginato nei minimi particolari.
Indubbiamente le due sorelle dimostrano una grande capacità di amare ma una spiccata incapacità a stabilire relazioni affettive stabili e durature, infilandosi tutte e due in situazioni complicate e destinate a fallire.
Questo per Emma si collega ad una più generica incapacità ad esporsi e a rischiare per quello in cui crede e lottare per ottenere ciò che vuole, ed è per questo che rischia di lasciarsi fuggire le più importanti occasioni della sua vita diverse volte nel corso del libro. Ed è questo l’aspetto che di lei mi è piaciuto di meno, perché non riesce a crescere ed evolvere particolarmente nel corso del tempo ma si espone solo un’unica volta nelle ultime pagine, e in maniera anche piuttosto irrazionale.
La Gazzola però decide di darle comunque il suo lieto fine e devo dire che questo mi è sembrato un po’ forzato perché non avrebbe avuto meno valore seppure avesse voluto farlo finire con un sospeso, anche se forse in quel caso avrebbe perso il tono di leggerezza e positività che cercavo in un libro in questo momento e che mi ha fatto tanto bene.
La sensazione che potesse esserci un seguito non mi dispiaceva per niente.
“Un abbraccio che rende ogni parte di me deliziosamente soffice e inerme, ma che finisce come ogni bella cosa. E del resto, il valore della felicità è insito proprio nella caducità. Se durasse anche solo quell’attimo in più ci abitueremmo, e non sapremmo più riconoscerla. E che gran perdita sarebbe!”
Ora io sono proprio curiosa di andare a vedere le associazioni delle altre partecipanti (nel banner), venite anche voi?
Per l'appuntamento di Marzo di questa bellissima rubrica, nata da un'idea di Rosaria e gestita da Chiara, Chicca e Dolci, in cui veniamo abbinate random tra noi blogger con la ragazza da cui scegliere un titolo che, secondo la trama e la recensione, potrebbe essere nelle nostre corde, ho scelto questo libro ambientato in Francia e a tema artistico tra le letture di Emily di The mysteries_of Emily.
E ne sono rimasta mooooltooo soddisfatta. Grazie Emy!!!😊
Frederic è un giovane uomo che ha rinchiuso la propria vita in un cassetto: è un affermato avvocato ma che sta lasciando andare alla deriva il proprio lavoro, è pieno di debiti a causa della sua inspiegabile ricerca di dipinti dei più famosi pittori impressionisti, ha lasciato andare via l’amore della sua vita per non dover pronunciare la parola “per sempre” a causa di una promessa fatta a se stesso quando, da bambino, il papà Ernest Villiers, creatore di calendari ispirati alle più famose opere d’arte e che gli ha trasmesso la sua passione, è improvvisamente sparito un Natale, e la mamma gli ha solo detto di dimenticarlo perché aveva fatto una cosa terribile.
Improvvisamente, alla morte di un uomo per lui sconosciuto, riceve un’eredità consistente in una strana mappa fatta a mano e tre biglietti del treno che sembrano portarlo a trovare un misterioso quadro.
In questa occasione assegna alla sua giovane segretaria Petronille, una ricerca che la conduce a scoprire qualcosa su Fabrice Nile, il misterioso donatore, ed anche su altre persone che hanno avuto a che fare con lui, ma proprio poco dopo essere stata da lui licenziata a causa del suo fallimento economico.
Così cominciano le due ricerche parallele di Frederic e della ragazza, che li porteranno a scoperte inattese ad ogni angolo e a piccole conquiste personali e a evoluzioni inaspettate delle loro vite.
Per l'appuntamento consueto con la rubrica mensile dedicata alle serie in collaborazione con gli altri blog riportati nel meraviglioso banner ideato dalla bravissima Dolci, di cui consiglio di andare a scoprire l'esperienza di lettura capitata questo mese, ho scelto di terminare questa trilogia che mi aspettava da un pò di tempo, e probabilmente perchè avevo intuito come sarebbe andata a finire. Forse sarebbe quasi stato meglio continuare a lasciarla in sospeso...
Qui Will, che si era ritirato in pensione a vivere su una barca della Florida, distante dalla moglie Nancy che continua a lavorare per l’FBI e dal figlio Philip, verrà costretto a ricominciare ad indagare dalla misteriosa scomparsa del ragazzino, di cui si sa solo che è stato contattato da una giovane inglese e che si è recato lì.
Nancy osserverà le indagini da lontano con ansia, costretta a restare in patria per un secondo caso Doomsday aperto dopo l’invio di alcune cartoline di morte come le prime, che hanno colpito dei cittadini americani cinesi che sta portando gli USA sull’orlo di una crisi diplomatica internazionale col paese orientale.
Nel frattempo seguiamo le disavventure nell’anno 1296 sull’Isola di Wight in un misterioso monastero.