sabato 26 marzo 2022

La lunga notte di Parigi - Ruth Druart


Titolo: La lunga notte di Parigi 

Autore: Ruth Druart

Edizione: Garzanti; 6 maggio 2021

Pagine 480

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️



Ho letto questo libro tutto d’un fiato versando anche qualche lacrima e lo consiglierei a chiunque abbia voglia di aprire la propria mente e confrontarsi con una importante realtà, cioè che non è mai tutto bianco o tutto nero ma ci sono infinite sfumature e motivazioni che rendono molto difficile se non impossibile distinguere i buoni dai cattivi, ma anche sull’importanza della pazienza, e del dare e darsi tempo per riuscire a raggiungere risultati validi.


La narrazione si alterna tra due piani temporali, 1944 e 1953, e spaziali, Parigi e Santa Cruz, diversi, tra l’occupazione nazista della Francia e i suoi abomini non solo nei confronti degli ebrei ma anche dei francesi stessi, e la vita di due coppie sopravvissute che provano a rifarsi una vita.

Sarah e David, ebrei scampati alla morte del campo di sterminio di Auschwitz, che vivono a Parigi, e cercano di recuperare il rapporto con Samuel, il figlio lasciato al momento di salire sul treno per essere deportati, per potergli concedere una speranza di vita; e Charlotte e Jean-Luc, francesi sfuggiti con il piccolo Samuel neonato, per portarlo in salvo, dopo averlo preso in affidamento dalla mamma, quando lui lavorava per le ferrovie e si era ritrovato forzatamente nel campo di transito di Drancy.


Gli orrori della guerra nei campi di sterminio, ma anche nelle città oppresse, anche se non avvenivano combattimenti veri e propri, vengono qui dipinti con una certa crudezza. Ma questa storia verte soprattutto intorno agli orrori che restano una volta finita la guerra, a come le conseguenze di questa si trascinino per anni e anni anche dopo gli armistizi, e continuino a segnare e distruggere le vite delle persone coinvolte.


“Privarli della loro umanità faceva parte del piano nazista. Sarah sospettava che li aiutasse a non vedere i prigionieri come esseri umani. Altrimenti come avrebbero fatto a trattarli con tanta crudeltà? E in quelle proporzioni? Come avrebbero potuto picchiarli, torturarli e ucciderli in quel modo? Come si era arrivati a tanto? Queste domande non smettevano mai di assillarla. Nel mondo normale nessuno avrebbe mai immaginato che gli esseri umani potessero cadere così in basso. E se per miracolo fossero riusciti a sopravvivere, la gente avrebbe mai creduto alle loro parole?”


Nello specifico qui si tratta di come i due giovani genitori si ritrovino, ancora vivi dopo la deportazione, a dover prima ritrovare il figlio che non sanno dove si possa trovare e poi a dover riallacciare i rapporti con lui che non li ha praticamente vissuti e che è invece diventato grande con una mamma e un papà diversi.

Leggendo ci si ritrova divisi tra la compassione per questi due ragazzi che cercano di riprendersi le loro vite spezzate da colpe non loro, e la vicinanza emotiva per questi genitori che, dopo aver patito le pene dell’inferno per poter mettere in salvo un neonato non loro e dargli una vita, abbandonando la propria patria e i propri cari, non trovino il coraggio di cercare i genitori veri, una volta liberati i campi.


“Lo so che ci sei.” Gli stringe forte la mano. “David, quello che abbiamo passato…non appartiene a questo mondo, vero? Non al mondo di adesso. Non è possibile.”

“No.” David asciuga le lacrime silenziose che scorrono sul viso della moglie. “Siamo tornati dall’inferno. Dobbiamo imparare a dimenticare cosa abbiamo visto laggiù.”

“Imparare a dimenticare. Sì. Magari fosse possibile…”

“Forse dimenticare no, ma perdonare sì.”

Le sue parole la colgono alla sprovvista. Si rende conto di non aver mai preso in considerazione l’ipotesi e di non aver mai immaginato che potesse farlo lui. Perdonare.

“Non credo di potercela fare. Non credo neppure di volerlo fare.”

Lui guarda il tavolo. “Io sì. Non è che voglia in alcun modo scusarli, ma…ma credo che…se potessi perdonarli, sarei un uomo migliore.”


Certo sarebbe troppo facile condannare la coppia adottiva, come fanno la gran parte dell’opinione pubblica e la legge, ma, senza di loro, probabilmente il futuro per Sam non ci sarebbe nemmeno stato.

I capitoli narrati dal punto di vista di ciascuno dei personaggi, prima nel passato e poi nel presente, anche se in alcuni casi sono comunque riferiti in terza persona, ci permettono però di calarci interamente nelle vicende, di seguire passo dopo passo l’evolvere della storia, quanto sia sofferta ogni singola scelta di ognuna delle persone coinvolte permettendo di empatizzare con loro, e mette così in discussione qualsiasi scelta.


Sfido chiunque dei lettori, che si fosse trovato in una situazione simile, a sapere con certezza come si sarebbe comportato e quale fosse la cosa più giusta da fare. Perché è proprio questo che in questa storia viene completamente distrutta: la sicurezza di quale fosse la scelta giusta quando, una qualsiasi, avrebbe avuto conseguenze devastanti su tutti gli altri.

Sicuramente ognuno potrebbe avere la propria parte di colpa, ma ciò che alla fine conta di più in questa vicenda è invece la capacità di perdonare, di stabilire una vicinanza emotiva anche con chi si è reputato fino a quel momento, la causa delle proprie sofferenze.

E perchè questo avvenga serve senza dubbio un grande cuore, capace di mettere al primo posto solo ed unicamente il benessere di Sam. E una mamma solo può comprendere come questo debba venire prima di tutto, perfino della propria felicità, anche quando farlo spezza il cuore.

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