sabato 28 gennaio 2023

Tu leggi? Io scelgo… La canzone di Achille - Madeline Miller

Ecco che ripartiamo nel nuovo anno anche con questa rubrica che amo tanto, perché mi permette di aprirmi a letture che, probabilmente, diversamente non avrei fatto, dovendo scegliere ogni volta da una blogger diversa e non sempre in linea con i gusti personali.

Stavolta ho avuto la fortuna di dover scegliere da Francesca del blog Punto di lettura, da cui finora ho scelto letture che poi mi sono sempre piaciute tanto.

Stavolta ho scelto La canzone di Achille, libro che mi aspettava davvero da tantissimo ma che non avevo mai il coraggio di iniziare.

La sua recensione che trovate qui https://puntodilettura.blogspot.com/2022/04/recensione-11110-la-canzone-di-achille.html?m=1 mi ha spronata a decidermi e mai decisione si è rivelata migliore!

Ma ora ve ne parlo:



La canzone di Achille - Madeline Miller

Marsilio, 2019, 384 pagine

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️


“Cantami, o diva, del pelide Achille, l’ira funesta…”


Quante volte queste parole vengono odiate da studenti nelle scuole superiori di tutta Italia…

E poi invece c’ero io che su queste parole e su tutti i racconti e le vicende narrate nell’ora di epica, sognavo.

Ho preso questo libro incuriosita quando uscito, ma poi ho avuto sempre un po’ il timore di leggerlo, nonostante i pareri positivi che riceveva; lo temevo perché avrebbe potuto distruggermi tutti quei sogni fatti nelle lente ore in classe.

Ma poi è capitata l’occasione per la rubrica “Tu leggi? Io scelgo…” a cui partecipo, ed ho pensato che fosse un segno, che fosse finalmente arrivato il momento.

E adesso, mentre chiudo il libro con le lacrime agli occhi, penso che mai scelta avrebbe potuto essere più azzeccata, che forse ci sia stata la mano degli dei in questa scelta.


Da ragazzina, provavo sempre un sottile odio per le figure di questi dei irosi, vendicativi, sempre in lotta tra di loro e che usavano i semplici mortali come strumenti per prevalere uno sull’altro. Poi da adulta ho compreso come, quelle personificazioni non fossero altro che le immagini più immediate e lampanti delle lordure e delle brutture dell’animo umano, e rappresentino le dinamiche della nostra società.

Così si fanno prendere dall’invidia, dalla lussuria, dall’accidia, dalla brama di potere.


Ed è proprio la sete di gloria e di una fama immortale che ingabbia e condanna Achille, che lo rinchiude in una prigione che lo conduce al tormento perenne, all’autodistruzione, alla perdita del suo amore più grande, il migliore dei mirmidoni, a cui era finito per anteporre il proprio onore, in cui si è rinchiuso da solo, grazie alla continua insistenza della madre, la ninfa Teti, e da cui uscire, seppur con la morte, diventa la liberazione tanto agognata.


È straziante il momento in cui Achille stringe il corpo dell’amato Patroclo ormai defunto; è il momento in cui torna in sè e si maledice per averlo lasciato andare incontro alla morte.


È ironico come non sia il destino predetto dalle Moire a avanzare verso di noi, inesorabile, ma noi a farlo procedere nella direzione predetta, con tutte le nostre singole azioni. 


Ma questa è la storia della guerra di Troia, che dura anni, con enorme spargimento di sangue e morti, e inganni e ripicche, quella che tutti noi conosciamo.

Madeline Miller però fa molto di più: scrive la storia dal punto di vista di Patroclo, l’esiliato senza patronimico, e dell’ amore per la vita del figlio di Peleo di Ftia. Racconta della loro vita, di come crescono e si formano, di come si conoscono e di come nasce e si sviluppa il loro amore. Si tratta di due semplici ragazzi, due giovani che desidererebbero soltanto vivere una vita normale, che riescono a godere di un vero periodo di felicità solo durante il periodo di addestramento di Chirone, lontano da tutto e tutti, e che vengono perseguitati da giochi di potere più grandi di loro, da quella guerra che sarà la loro sfortuna e dalle profezie che indicano la loro fine.

Due ragazzi che vorrebbero solo potersi amare, poter vivere la loro giovinezza liberi nei boschi e a contatto con la natura, studiando la musica, uno, e la medicina, l’altro. Sono: delicato, gentile e rispettoso, Patroclo, vivace, brillante e audace, Achille.

Arrivano dritti al cuore, vi prendono posto e non lo lasciano più.


“Smisi di cercare lo scherno, il pungiglione dello scorpione nascosto tra le parole di lui. Diceva ciò che pensava e restava stupito quando gli altri non facevano lo stesso. Qualcuno avrebbe potuto scambiare quel tratto per ingenuità. Ma non è una caratteristica del genio andare sempre dritto al cuore?”


Nessuno comprende la loro unione, proprio per la loro diversità e per la stirpe, che tanto influisce sulle opinioni degli uomini e segna il destino dei due ragazzi, chiunque incontrino, nonostante i loro sentimenti e nonostante come si comportino.

Si porteranno dietro fino alla fine il fatto di essere un semidio Achille, e l’altro un semplice mortale, apparentemente incapace e fragile.

Ma Patroclo sarà l’unico davvero libero di scegliere e che deciderà di sacrificare la propria vita per amore, e soprattutto in nome della pace, per fermare gli inutili spargimenti di sangue di quella guerra che i due non avrebbero nemmeno voluto.

Le persone che incontra vengono tutte segnate dalla sensibilità di Patroclo, dalla sua gentilezza, dalla sua cura, da Briseide ai compagni di campo che vengono da lui curati.

Perfino il geniale Odisseo si batte per fargli avere degna sepoltura. E sempre lui, riesce a infrangere anche la fredda corazza di Teti e farsi concedere il riconoscimento meritato, anche se solo dopo morto.


Achille si fa schiacciare dalle pressioni di tutti quelli che lo circondano, del padre Peleo che lo vuole all’altezza di un principe, della madre che lo vuole degno di un dio, dei re che lo vogliono in guerra, “maschio” e pronto a dare la propria vita per la gloria e per vincere Troia. 

Finisce per dimostrarsi il più fragile dei due, quello che cede ai desideri di fama e alla difesa del proprio orgoglio, perdendo di vista ciò che veramente conta: i propri sentimenti. Ed è qualcosa di cui è destinato a pentirsi amaramente, punito con un dolore infinitamente grande e sproporzionato.


La conclusione però ci fa riappacificare con la vita, ci permette di ricordarci che, nonostante tutte le ingiustizie ribadite qui, il solo vero cattivo (Pirro) trova la sua nemesi, Achille torna in sè ed è capace di nuovo di un gesto di compassione, e Patroclo riesce ad essere più vivo che mai e più umano che mai, e portare la parte di sè più importante e che riesce a squarciare il velo dell’indifferenza: i ricordi di cui ha pieno il cuore.


“Forse, tra gli dei certe cose passano per virtù. Ma che gloria c’è nel togliere una vita? Moriamo così facilmente. Vuoi che diventi un altro Pirro? Lascia che ciò che si racconta di lui sia qualcosa di più.”


6 commenti:

  1. ed anche questo lo voglio leggere da tanto. prima o poi se ne presenterà l'occasione

    RispondiElimina
  2. Letto, piaciuto ma meno che a te. Adoro la Miller, ma l'ho preferita in Circe

    RispondiElimina
  3. Anche io, come te, sono sempre stata un po' titubante nell'iniziare questo libro (esattamente come anche Circe!) per paura di non ritrovare le stesse atmosfere. Con la tua recensione entusiasta però mi hai convita, appena possibile lo leggerò anche io

    RispondiElimina