Per questo mese ho scelto, per questa rubrica che punta a farci provare la lettura di autori mai letti prima, questo libbricino che mi aspettava lì da un bel pò e su cui avevo avuto probabilmente dall'inizio qualche dubbio. Ed effettivamente la mia esperienza non è stata delle migliori, ed è un bel peccato perchè, trattandosi di una storia vera, speravo davvero di poter dire qualcosa di più...
L’autobiografia dello scrittore di questo testo, Eddy Bellegueule (bellimbusto letteralmente, quindi cognome pesante da portare) nasce come denuncia del percorso difficile a cui va incontro una persona omosessuale nell’affermarlo alla società, ancora di più nel paese francese da cui viene, dove gli uomini devono bere fino a ubriacarsi, ruttare, commentare le donne in televisione in maniera pesante e amare il calcio, per essere dei veri duri.
Eddy fin da piccolo è additato come diverso perché gesticola, perché ha toni della voce più alti e perchè aborrisce le abitudini comuni; e per questo viene preso in giro in maniera molto pesante dall’intero paese o peggio bullizzato dai compagni di scuola più grandi.
Purtroppo però, per quanto mi riguarda, l’utilità di questo libro si ferma qui.
La narrazione si è rivelata scorrevole e veloce e quindi la lettura è stata almeno piacevole.
Il problema però è che non riuscirei davvero a definire questo libro, perché non si tratta certamente di una storia vera romanzata, in quanto non esiste una vera e propria trama, ma nemmeno di una biografia perché non è descritta la vita di questo ragazzo ma solo episodi sparsi, che, seppur in alcuni casi toccanti e significativi (pochi), perlopiù risultano incomprensibili nella scelta, ma si identificano come aneddoti slegati l’uno dall’altro e non risulta nemmeno ben chiaro quale sia il messaggio che Eddy voglia realmente lanciare, se non ripetere di continuo, la sua voglia di allontanarsi da quella realtà e da quella famiglia.
Soprattutto la conclusione mi ha fortemente delusa, non certo perché mi aspettassi il finale da sogno in cui tutto per magia vada a posto da sè, ma che almeno esprimesse un intento dell’autore e non che dicesse invece, come sembra in questo caso, che semplicemente le difficoltà da lui affrontate erano determinate alla società povera e umile in cui viveva, mentre invece se fosse nato in una società “borghese” come quella del college che va a frequentare, sarebbe stato tutto diverso...
Peccato.
RispondiEliminanon amo neanche io i finali di questo tipo
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