venerdì 25 febbraio 2022

QUESTA VOLTA LEGGO... Amare una volta - Davide Mosca

 

Questo mese, per la rubrica Questa volta leggo... per cui noi blogger proviamo a leggere un libro che in qualche modo sia in relazione con la parola scelta per il mese, essendo il mese in cui si festeggia San Valentino, la parola non poteva essere che "coppia".

E io ho quindi pensato: Quale migliore occasione per provare a leggere questo libro di Davide Mosca, con questo titolo che mi è stato fornito dalla casa editrice Salani, che almeno ha uno sfondo storico che me lo rende più congeniale rispetto a un romance?😁

Come sarà andata?


Titolo: Amare una volta
Autore: Davide Mosca
Edizione: Salani Le stanze; 9 settembre 2021
Pagine 272
⭐⭐⭐⭐


Arrivata alla fine di questo libro mi sento abbandonata e un pó arrabbiata.
Abbandonata perché ho semplicemente adorato la storia, i personaggi, ma soprattutto queste colline.
Arrabbiata per la conclusione scelta, soprattutto per come viene stoppata la narrazione.

Dalla prima pagina facciamo conoscenza con i Costamagna, questa famiglia nobile delle Langhe entrata in rovina dopo la seconda guerra mondiale, che cerca di andare avanti come possibile con quel che gli resta.
Ma a pensare davvero a tutto alla Pia sono Virginia, detta Ginia, 21 anni, la figlia femmina più giovane rimasta lì mentre la più grande, Lalla, si è sposata e trasferita a Torino, e la mamma, unica a comprenderla davvero per il suo carattere impulsivo, passionale e un pó da maschiaccio, poco prudente, e che adora ballare, con cui ha un rapporto speciale.
“-Non vuoi sapere quello che mi hanno detto?
-Non ha importanza e poi i sassi finiscono per fare valanga a forza di farli rotolare.
-È che non mi piace essere tirata in mezzo.
-Ciascuno è in mezzo agli altri. Chiudere le orecchie significa spesso chiudere il cuore…Invece ascoltare fa bene, anche quando ti dicono cose cattive. Ascoltando gli altri ascoltiamo noi stessi.
-Siamo cattivi allora?
-Siamo feriti.
-Tutti quanti?
-Tutti quanti. Ma guarda la vigna, da ogni ferita nasce un tralcio nuovo, che farà un’uva più ricca e gustosa.
Raccolsi le ginocchia e le strinsi al petto. -A volte ho paura di rimanere acerba.
-Forse che l’uva acerba non si gode il sole della primavera o non si rinfresca alle piogge improvvise di giugno? Forse che non rabbrividisce di piacere alle prime brezze notturne di metà agosto? Goditi l’acerbezza fino all’ultima goccia, e così un giorno ti godrai la maturità.”

È attraverso le parole della ragazza che vediamo tutto, attraverso i suoi occhi e le sue sensazioni, lei che percorre le colline in lungo e in largo ogni giorno, con la sua gerla sulle spalle per consegnare i prodotti che gli vengono richiesti dai vicini.
La guerra purtroppo gli è costata, oltre a una ingente parte del patrimonio, anche due vite: il fratello Nuto è morto in guerra e Beppe invece sui boschi intorno casa, come partigiano.
Il padre, inizialmente illuso dalla propaganda fascista, non si è più ripreso, sentendosi in colpa di aver mandato a morire i propri figli, ed è diventato l’ombra di se stesso.
Insieme a loro vive anche la nonna, chiamata Duchessa, che non ha voluto abbandonare i vecchi fasti e il tenore di vita precedente e perciò appoggia il figlio maschio maggiore rimasto, Sandro, dedito ad alcol, gioco e donne, che sperpera il poco che gli resta indebitandosi in giro.

“Ero stata una sciocca ad aspettarmi giustizia. Chi ero io per pretendere di veder rispettato il mio amore in un mondo che aveva appena finito di farsi a pezzi e che poteva ricominciare da un momento all’altro? Avevo peccato di supponenza, mi ero creduta tanto speciale da meritare una felicità tutta mia.”

Questo libro è la storia di questa particolare famiglia, ma è anche uno spaccato storico di quel che la guerra ha lasciato in Italia, in particolare nelle campagne, con famiglie spezzate, uomini dall’animo dilaniato dai sensi di colpa e traumatizzati per ciò a cui hanno dovuto assistere, debiti ingenti a cui far fronte senza alcun aiuto, spezzandosi la schiena sui campi per poter campare.
Parla di come il fascismo sia stato visto spesso da diversi punti di vista, riuscendo ad illudere e irretire gli animi di persone semplici che non ne intuivano la pericolosità, e anche di come dei “neri” convinti restassero nei paesi a far la guerra ai “rossi” che gli capitavano a tiro, con i più futili pretesti.
Ma parla anche di come, dopo tutti quegli orrori, ogni paese si sia fatto forza provando a ricreare da subito quelle che erano le usanze, le abitudini di prima, come ad affermare chela guerra non era riuscita ad intaccarle, e un bisogno di normalità.

“La guerra aveva giocato con il tempo e con le persone, certi giorni mi sentivo una bambina, a cui era stata strappata l’infanzia, non l’età dei giochi, che da noi non usava, ma il tempo dell’irresponsabilità, del correre nei prati senza pensare ai neri, ai rossi, agli azzurri.”

Con questo sfondo che impera, assistiamo alla nascita di due storie d’amore entrambe tormentate, anche se per motivi molto diversi: quella di Virginia per Italo, il partigiano che ha conosciuto il fratello Beppe, e quella di Cesare, l’amato fratello, per Lidia, loro vicina e amica dall’infanzia.
Qui si intrecciano tutti i complessi motivi derivanti dal passato, dall’amaro per aver perso questo famigerato titolo nobiliare, che continua a dirigere le scelte di qualcuno, ai sensi di colpa per essersi nascosti e non aver avuto il coraggio di combattere mentre i fratelli morivano, agli errori che si faticano ad abbandonare come l’aver scelto il colore sbagliato, che segneranno la fortuna di una delle coppie e la fine tragica per l’altra.

Mi sono chiesta fino alla fine se l’autore intendesse approvare, come dicono alcuni protagonisti, che bisogna avere pazienza per arrivare ad ottenere quel che si vuole, o invece l’atteggiamento opposto, di desiderare tutto subito e non poterne fare a meno.
L’epilogo sembrerebbe indicare la prima alternativa ma non sono convinta che sia il messaggio che intendesse mandare.

Il tempo è scandito tutto dalla campagna, dalla vita rurale, in cui ci caliamo interamente leggendo il romanzo, dall’inizio alla fine, con le immagini che Mosca riesce a ricreare sulla carta; con le sue descrizioni di quei superbi paesaggi visti dagli occhi della giovane protagonista, ci sembra proprio di essere lì, di muoverci con lei tra crinali e bricchi e ciabot, di passare da un campo a un bosco, sentendo gli uccellini, l’arsura del sole in estate e la brina scrocchiare sotto i piedi in inverno, di sentire i profumi della terra, come quel “profumo violetto” che ho adorato e che per la prima volta riesce a rendere quella che era una mia immagine in memoria.

Ed è grazie a queste parole che gli si possono perdonare le lacrime per l’addio e soprattutto per avermi spezzato il cuore con il finale, anche se purtroppo atteso.

“Quando infine posó la chitarra gli chiesi che ne pensasse dell’amore.
-Dell’amore o dell’amore tra me e te?
-Che differenza c’è?
-Che il primo non esiste, non esiste senza oggetto. L’amore è sempre per qualcosa o per qualcuno, altrimenti è solo una parola. Non puoi amare gli altri, puoi amare l’altro. Mi capisci?
-Allora dimmi che ne pensi del nostro.
Si sdraiò con le mani incrociate sotto la testa. -Si può amare davvero una sola volta. Quelli prima sono soltanto anticipazioni, tentativi per approssimazione, e quelli che eventualmente arriveranno dopo saranno solo emulazioni.
-Che cos’è un’emulazione?
-Un’imitazione, per analogia o per contrario.
-Che cos’è un’analogia?
-Una somiglianza.
-Quindi un solo amore per ciascuno
-Se hai amato una volta, hai amato per sempre.”


Come avrete capito, nonostante la conclusione, lo consiglio decisamente!!!

Chissà se le altre avranno fatto letture interessanti...

10 commenti:

  1. Conclusione a parte mi hai incuriosita molto con la tua recensione

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    1. Mi fa piacere perché questo libro mi ha catturata e la conclusione fa male ma non mi fermerebbe dal leggerlo se tornassi indietro☺️

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  2. Sembra interessante, non lo conoscevo

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    1. Sì lo è tanto e la storia è decisamente presente nella motivazione delle decisioni dei protagonisti ma non è centrato su quella

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  3. contenta che ti sia piaciuto, non sono tanto da storici ma apprezzo sempre leggere recensioni così partecipi

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    1. Come dicevo a Dolci, la storia qui è nelle motivazioni ma non è centrale nel racconto

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  4. Non lo conosco ma per questa volta passo

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    1. Peccato! È bello e non pesante nonostante il periodo, a parte la conclusione che mi ha un po’ sconvolta

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