sabato 8 gennaio 2022

Il digiunatore - Enzo Fileno Carabba, in ANTEPRIMA!!!!!

 

Titolo: Il digiunatore
Autore: Enzo Fileno Carabba
Edizione: Ponte alle grazie; 13 gennaio 2022
Pagine 256
⭐⭐⭐

Mi sono avvicinata a questo libro molto incuriosita dal tema.
Si tratta della biografia romanzata di Giovanni Succi, un personaggio poco conosciuto, facente parte del gruppo dei digiunatori, attivi nel corso dell’800 nel mondo, a cui si è ispirato anche Kafka per un suo libro.
In effetti la curiosità è stata appagata perché Succi è stato di certo un personaggio fuori dagli schemi, molto originale e sopra le righe, da quando da bambino ha rifiutato il pasto dicendo “Oppa oba” a quando è morto.
Le sue stravaganze non si sono fermate solo al digiuno, che per lui era diventato una vera e propria ragione di vita, ma hanno avvolto tutto il modo in cui ha affrontato la propria esistenza, dai viaggi che ha fatto tra Africa e America, alle usanze che ha scoperto e assimilato, alcune degne di nota e che sarebbero da tramandare ai giorni nostri, ai personaggi di cui amava circondarsi.

“Parlavano a turno. Chi parlava doveva stare su una gamba sola. Quando non ce la faceva più e poggiava la seconda gamba doveva smettere di oarlare. Un ottimo sistema per raggiungere la sintesi.”

Quale è stata la mia meraviglia nello scoprire che personaggi si siano interessati a lui, primi fra tutti Charcot e Freud.
Quale psicologa mi è un po’ dispiaciuto che alla fine il suo caso non sia stato approfondito, oltre che dal punto di vista fisiologico, ambito al quale diversi medici hanno provveduto, anche dal punto di vista delle energie in gioco o pulsioni, per dirla coi termini del tempo, che lo hanno mosso.
Non ho potuto fare a meno di pensare che in qualche grado fosse presente in lui una psicopatologia, senza dubbio la megalomania più volte citata, e ciò soprattutto per il fatto che non sono mai state riportate in lui reali aspirazioni a una trascendenza nè motivazioni superiori.

“Giovanni fu aggredito dal senso di colpa. Cercò di scrollarselo di dosso, per niente mai nella sua vita l’aveva preparato a un simile peso. Mai si era preoccupato degli altri per più di dieci minuti, forse venti. Ma niente. La morte dell’amico era colpa della sua esuberanza, della sua smania di grandezza, del fatto che non accettasse la condizione umana. Anche suo padre, sua madre e sua nonna erano morti e lui se ne accorse sul serio solo in quel momento. Prima lo sapeva, ma ora lo realizzò, fu una bordata spaventosa.”

Ma non ho potuto fare a meno anche di innervosirmi nel vedere come, invece della sana curiosità scientifica, la reazione della comunità sia stata, come sempre nel corso delle epoche, quella di rinchiuderlo in manicomio, perché il diverso viene temuto e visto come pericoloso.

“È difficile trovare qualcuno che non sia convinto di avere il diritto di educare gli altri. Nel mondo pare ci siano più educatori che educandi. Con simili guide, non si capisce perché le cose vadano male.”

“Non lo faceva per cattiveria, anzi l’opposto: correggere era il suo modo di amare.
Giovanni invece non correggeva nessuno e non lo fece mai durante tutta la vita, per quanto sappiamo. Ad apprezzare i pregi degli altri sono buoni tutti. Ma lui apprezzava i difetti, o perlomeno lasciava correre. Forse per questo le persone lo cercavano, si sentivano accolte e godevano della sua compagnia megalomane ma gentile, tutti, senza eccezione, al di là di quello che pensavano delle sue prodezze.”

Ciò che però non ho apprezzato è stato che nel libro non risalti in alcun modo la motivazione della scelta dell’autore di narrare proprio di questo personaggio in particolare e della sua vita e non di quella di miliardi di altre persone degne di nota che hanno soggiornato su questa Terra nei secoli.
E questo mi è mancato, soprattutto perché, non essendo una biografia nel senso esatto del termine, sarebbe stato per me importante recepire il messaggio che secondo Carabba può portare a noi oggi Succi, se non è facilmente intuibile quello che Succi voleva a suo tempo portare (per me come dicevo nessuno).

“Giovanni avvertì un disagio che non avrebbe saputo spiegare, forse perché non era un disagio. Tutta quella gente attorno vestita in maschera (anche i medici erano vestiti in maschera), padrona di misurarlo quando voleva: ma lui dov’era? Era forse nel numero dei propri passi? O nei battiti del suo cuore? Doveva essere da un’altra parte. Tutte quelle misure lo allontanavano dal centro.”

Ciò che io ho fatto durante tutta la lettura è stato chiedermi come potessero tali uomini riuscire a restare per così tanto tempo digiuni senza ripercussioni sul fisico.
E, inevitabilmente, la domanda successiva nelle mie riflessioni è stata: se si può fare a meno del cibo a questi livelli, di cosa potremmo riuscire a #fareameno nelle nostre esistenze? E questa è una domanda su cui mi interrogo in modi diversi da tempo, un po’ a causa di questa pandemia, che mi ha fatta realizzare come al giorno d’oggi diventino sacrifici immani anche piccole rinunce a cui abbiamo dovuto far fronte, che invece in passato hanno vissuto come ineluttabili, ma anche a causa di questo inizio del nuovo anno che porta sempre con sé i migliori propositi, oggi non solo per la propria vita ma, anche indirettamente, per provare a rendere il mondo un po’ migliore.

I miei propositi sono stati così quelli di #fareameno dell’auto per i tragitti più brevi o col bel tempo, della tecnologia per alcune ore al giorno, dei prodotti confezionati nella plastica per ridurne ancora di più l’uso di quanto già non faccia, e dei prodotti confezionati che è possibile preparare in casa, anche se sarebbero senza dubbio più veloci.

E voi ci avete mai pensato? Di che cosa potreste decidere di #fareameno?

1 commento:

  1. Io voglio #fareameno dei giudizi altrui, delle persone nocive e della mia insicurezza!

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