mercoledì 16 giugno 2021

L' ANGOLO DEL CLASSICO L'urlo e il furore - William Faulkner

Titolo: L'urlo e il furore
Autore: William Faulkner
Edizione: Einaudi; 17 giugno 2014
Pagine 326
⭐⭐⭐⭐




 ** spoiler alert ** 




Il disfacimento della famiglia, la decadenza della società come il crollo della Borsa, arrivano dritti al cuore, senza se e senza ma.

Non seguiamo una lenta agonia ma il contenuto del flusso di pensieri così come la tecnica dello stream of conscioussness ci travolgono come un uragano mostrandoci di cosa fosse capace una famiglia “per bene” allora.

Certo non si tratta di una famiglia qualunque ma di una molto molto particolare, dei cui componenti non si salva realmente nessuno, mostrando, ognuno a proprio modo, le proprie debolezze, e deboli tentativi di salvarsi.

Sarebbe complicato recensire questo libro senza fare spoiler e quindi, anche se non li amo, mi sono rassegnata a farne, perché in questo caso non c’è niente e dico niente di scontato, ma, pur leggendone la trama, tutto è in divenire e tutto costituisce una scoperta, un piccolo pezzo che si va ad aggiungere come folgorazione alla visione complessiva, e che però ti fa continuare a chiederti ma sarà proprio così?, e Avrò capito bene?

Si parte alla grande con il capitolo/giornata dedicato a Benjy che è il fratello trentatreenne malato mentale ed è perciò un inizio col botto, perché il maestro Faulkner è riuscito a rendere alla perfezione l’idea dello scorrere e dipanarsi dei pensieri di una mente malata, tanto che sembra di perdere, leggendolo, il lume della ragione.

Molti vengono bloccati da questo primo capitolo e ne abbandonano la lettura, ma per questo consiglio loro di non desistere e proseguire perché dopo le cose cambiano almeno un po’ e la narrazione diventa almeno più comprensibile a livello sintattico.

Poi incontriamo Quentin, fratello sfortunato, e Jason, quello stro**o, ma davvero, persona malvagia fino in fondo che, probabilmente per questo, riesce a svelarci tutti i misteri senza troppi giri di parole e senza peli sulla lingua.

Il capitolo finale, a sorpresa, è dedicato invece a Dilsey, e inizialmente mi ha un po’ annoiata, trovando che non aggiungesse nè togliesse nulla in particolare alla narrazione.

Adesso però che si è un po’ raffreddata la prima impressione, la trovo una scelta perfettamente azzeccata, perché se da un lato seguiamo lo scadere della famiglia Compson con l’escalation dal più semplice al peggiore dei suoi membri, dall’altro possiamo vederci una crescita di razionalità dal più emotivo e immediato, a quello più calcolatore; a tutti, in entrambe i casi, viene contrapposta la normalità della serva governante della famiglia, che risalta in maniera palese rispetto allo sfacelo che affrontiamo precedentemente.

E, non a caso, si tratta della serva nera.


La sensazione è quella di suspense da thriller dall’inizio alla fine, in cui, pur non essendoci un colpevole, almeno non nel senso stretto del termine, si cerca di arrivare alla fine in ogni modo per scoprire se si è interpretato tutto bene.

Ecco devo dire che in questo senso la mia comprensione era già arrivata prima, anche grazie al confronto con le altre ragazze del gdl, e quindi l’appendice è stato un qualcosa in più.

Questo è secondo me uno dei libri ideali da leggere in gruppo per potersi confrontare e farsi forza a vicenda.


“Eccoti il mausoleo di ogni speranza e desiderio; è molto probabile che te ne serva anche tu per ottenere il reducto absurdum di ogni umana esperienza, che non farà per i tuoi bisogni individuali più di quanto fece per i suoi o per quelli di suo padre. Non te lo dó perché tu possa ricordarti del tempo, ma perché ogni tanto tu possa dimenticarlo per un attimo e non sprecare tutto il tuo fiato nel tentativo di vincerlo. Perché, disse, le battaglie non si vincono mai. Non si combattono nemmeno. L’uomo scopre, sul campo, solo la sua follia e disperazione, e la vittoria è un’illusione dei filosofi e degli stolti.”

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