mercoledì 28 aprile 2021

Un amore qualunque è necessario - Mary Beath Keane


Ho letto questo libro con tanto tanto piacere.

Non avendo letto prima la trama, dalla copertina e dal titolo avrei pensato ad un romance rosa e che sorpresa è stato trovare un libro del genere, che tratta di temi molto particolari, seri e complessi.

Titolo: Un amore qualunque è necessario
Autore: Mary Beth Keane
Edizione: Mondadori; 23 giugno 2020
Pagine 432
⭐⭐⭐⭐⭐


Kate e Peter nascono quasi contemporaneamente, a pochi mesi di distanza, e a pochi passi dalla casa di uno a quella dell’altro.
Le loro famiglie infatti diventano vicine a Gillam, dopo che i loro padri, entrambi poliziotti, son stati partner per un certo periodo.
Diventano praticamente inseparabili fin da subito e tutte le peripezie e le avversità che la vita gli metterà davanti non riusciranno a dividerli se non per un breve periodo.

In questo romanzo viene trattata tutta una serie di temi uno più complesso e sfaccettato dell’altro.
Si parte dalla malattia mentale, analizzata dal punto di vista insolito dell’umanità del soggetto, della responsabilità nel commettere un reato e soprattutto dell’influenza che possano avere i caregiver, i familiari o comunque chi gli sta intorno, per lo slatentizzarsi dei sintomi della fase acuta, e soprattutto nel riconoscere le prime avvisaglie della malattia e intervenire in via preventiva.
Si passa poi per l’alcolismo e la visione inedita di come venga affrontato dai familiari, oltre a come lo viva il diretto interessato, e che sottolinea molto bene come sia una dipendenza da cui è difficile uscire del tutto nell’arco di una vita, sottolineando come influisca il contesto ambientale e familiare sul diventare addicted, ma anche come le dipendenze abbiano un processo comune alla base che evidenzia un modo di reagire alla realtà piuttosto che la dipendenza da una cosa piuttosto che l’altra. Mi è piaciuto molto come venga evidenziato anche che il sostegno dei familiari debba essere continuo e che la coesione, e essere preparati a continue ricadute e a non colpevolizzare, siano gli aspetti più importanti per il successo nella lotta contro questa malattia.
In più viene trattato anche in maniera estesa, il tema delle difficoltà nel rapportarsi al sistema delle gerarchie militari, e soprattutto di quelli a trovare sostegno e chiedere aiuto in caso di difficoltà, dove gli agenti vengono piuttosto invece stigmatizzati ed accusati e formalmente puniti e giudicati per quel che potrebbero fare ma non viene mai fatto nulla per aiutarli ad affrontare lo stress notevole a cui vengono sottoposti, tanto da portarne diversi al suicidio.
Infine troviamo anche la menomazione fisica, in seguito a eventi traumatici, in particolare qui in seguito a un incidente con arma da fuoco, e il difficile lavoro di ricostruzione della propria sicurezza personale a piccoli passi, e la riapertura nei confronti del mondo, grazie a un percorso di riabilitazione lungo e duro e anche le insicurezze e gli inciampi che possono capitare percorrendolo.
E in maniera un po’ più marginale si affronta anche la malattia fisica, tra le più minacciose, e il modo in cui l’evoluzione di questa sia influenzata dalla salute psicologica e mentale, principio a oggi del tutto comprovato ma purtroppo ancora pochissimo pubblicizzato.

Ho apprezzato in particolar modo i personaggi che portano questi elementi, perché sono presentati come umani a tutti gli effetti, soggetti fragili, fallibili, tutti dal primo all’ultimo, con pregi e difetti bene in evidenza come qualsiasi essere umano comune.
Così Kate, che è la protagonista più positiva e forte, trova i propri limiti nel rapportarsi di nuovo con Anne dopo quel che ha fatto al padre e nel fare i conti con la dipendenza; e Lena e Francis, legati tra di loro in maniera sincera e profonda, che credono fortemente nella famiglia e che si mostrano affettuosi, comprensivi e altruisti, si scoprono soggetti a rancori, difficoltà a perdonare, bugie e tradimenti, reagendo in maniera non esattamente integerrima alla malattia.
Ma tutto ciò non li rende meno apprezzabili ma più vicini proprio perché più umani.
La stessa Anne, che supera la patologia, i giudizi e la stigmatizzazione, con tutta la forza a sua disposizione, diventa la potenziale vicina di casa di chiunque, complice anche il fatto che venga presentata come in contrapposizione col marito che invece, sopperisce alle proprie difficoltà e fragilità, decidendo di non affrontarle ma fuggire.

Il personaggio che ho apprezzato più di tutti tra questi è George che, nonostante si trovi ad affrontare anche le sue di difficoltà, riesce a stare realmente vicino a Peter, quando questo si ritrova completamente solo, e mostrando un affetto vero e un sincero interesse per il bene del ragazzo.

Unica pecca che ho trovato è stata la narrazione un po’ rallentata nella parte centrale, dove si passa dall’infanzia all’età adulta dei due ragazzi.
In realtà trovo che avrebbe potuto essere decisamente snellita senza togliere pathos al racconto nè perdendo elementi veramente importanti per la storia, che sono a mio parere racchiusi tutti nella parte iniziale e in quella finale.
Nonostante ciò comunque il grande potenziale di questa storia non è stato per niente sminuito ai miei occhi, pendendo comunque verso il giudizio nettamente positivo.

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