sabato 10 aprile 2021

L'isola in via degli Uccelli - Uri Orlev

 

Titolo: L'isola in via degli uccelli
Autore: Uri Orlev
Edizione: Salani; 28 maggio 2009
Pagine 185
⭐⭐⭐⭐



Quando ho visto questo libro su goodreads sono stata incuriosita dal titolo e dalla copertina e perciò sono andata a leggere la trama.
Quello che ho letto mi ha molto stupita perché mai mi sarei aspettata che trattasse di tale argomento, cioè degli orrori della seconda guerra mondiale in Polonia, nello specifico nel ghetto ebreo di Varsavia, durante i rastrellamenti per liberarlo portando i prigionieri nei campi di concentramento in Germania e lasciare le case ai polacchi non ebrei e i propri beni ai tedeschi.

Il protagonista è un bambino di 11 anni, Alex, che si ritrova improvvisamente solo dopo che, in seguito alla scomparsa inaspettata della madre, anche il padre viene portato via con tutti gli altri operai ebrei della fabbrica di corde in cui lavoravano.
Si rifugia, su consiglio di un caro amico del padre, in una casa abbandonata, in questa via degli Uccelli, di cui ormai restano solo rovine, e si ritaglia un angolo a cui dare una parvenza di casa e non poter essere trovato, dopo aver recuperato il suo topolino Neve, e viveri e alcuni oggetti per la sopravvivenza negli appartamenti lasciati vuoti.

La storia è la storia vera dello scrittore, che si è poi trasferito a Gerusalemme dove vive con la famiglia.
La cosa terribile è che, essendo un libro per ragazzi e narrato da un ragazzo, nonostante siano comunque descritti gli indicibili orrori che deve affrontare, a tratti ci si dimentica di quel che si sta leggendo e sembrerebbe una storia inventata, e quando ci si riscuote realizzando che non è così, è davvero uno shock.

Fa tanta tenerezza leggere come Alex riesca non solo a resistere a tutti i rischi a cui va incontro, vedendo portare via le persone di cui si fida, ma anche a ritagliarsi uno spazio di vita quasi normale, protetto dalla situazione terribile che sta vivendo, recandosi nella strada sul retro dell’edificio in cui si trova, al limite del ghetto.

È stato toccante leggere come, diversamente dalla gran parte dei bambini di oggi, ricercasse libri e non giocattoli, e come rimpiangesse non poter andare a scuola come i bambini polacchi che vede dalla sua dispensa.
Avrei voluto stringerlo forte per consolarlo quando è arrivato un momento di sconforto, dopo aver giocato a palle di neve con i suoi nuovi amici ed aver realizzato di essere tutto fradicio e di essere solo al rientro la sera, senza nessuno ad aspettarlo e a prendersi cura di lui come invece gli altri bambini.

Passerà tanto tempo così prima di arrivare verso la conclusione della guerra, e rifiuterà più volte l’aiuto e la salvezza che potrebbero dargli delle brave persone che troverà sulla propria strada, per poter restare lì in attesa del padre che gli ha promesso che sarebbe tornato.


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