sabato 10 aprile 2021

La mano di Fatima - Falcones

 

Titolo: La mano di Fatima
Autore: Ildefonso Falcones
Edizione: Longanesi; 4 novembre 2010
Pagine 911
⭐⭐⭐⭐


Ho finito questo libro ieri sera ma devo ancora assimilarlo bene perché mi ha lasciato un senso di tristezza e di amarezza che non riesco a mandare via.

Tristezza per l’insensatezza di buona parte dei comportamenti dell’essere umano nel corso dei secoli, che hanno condotto alla distruzione del pianeta e allo sterminio di intere popolazioni o razze senza motivi reali, e spesso, come in questo caso, in nome di un Dio che mai avrebbe potuto desiderare una cosa simile.

È terribile pensare a come le vite di migliaia e migliaia di persone siano state distrutte, annientate senza un motivo reale e dai suoi fratelli. Si lo so che è una cosa che succede quotidianamente ormai ma non riesco a farmene una ragione e leggerne così come in diretta e in maniera così esplicita, mi ha fatto salire un’amarezza immensa.


Siamo nella Spagna del 1500. Protagonista di questa storia è Ibn Hamid, o Hernando secondo il nome cristiano, con la sua famiglia, inizialmente composta dalla madre Aisha, da diversi fratellastri e dal patrigno Brahim. Fratellastri perché lui è stato concepito dallo stupro della madre da parte di un prete cristiano arrivato sui loro territori sottomessi, per catechizzarli, cosa che succedeva quasi sempre in diverse zone della Spagna. È questo il motivo per cui lui ha gli occhi azzurri, e per cui viene chiamato il Nazareno e disprezzato dal suo popolo.

La sua è una delle tante famiglie di Moriscos arrivate in Spagna per liberarla dalla dominazione dei goti e poi rimaste lì nella zona dell’Andalusia. I cristiani però in seguito, probabilmente a causa delle loro ricchezze in quanto bravi commercianti e mulattieri, o forse solo per intolleranza delle differenze, hanno preso a disprezzarli, a sottometterli al loro controllo, e con vari editti regi a farli convertire. madre

Questo libro inizia proprio con la ribellione dei moriscos delle Alpujarras, stanchi di questi furti e soprusi; ribellione però che finirà per diventare ugualmente violenta e porterà al massacro di migliaia di cristiani, in maniere macabre e dispregiative.

E da qui iniziano le sfortune del ragazzo che seguiamo da quando appena quattordicenne parte col patrigno per le montagne, a quando diventa adulto intorno ai cinquant’anni, in tutte le peripezie e tragedie che segneranno la sua vita.

Perché verrà vessato non solo dai cristiani, ma anche dai suoi simili da cui verrà sempre additato come figlio di un prete, e dal patrigno che gli renderà la vita invivibile determinando la maggior parte delle sue sofferenze.


È difficile dire quello a cui andrà incontro senza fare spoiler sulle maniere misteriose in cui il destino gli andrà incontro, ma dalle Alpujarras, dove conoscerà Fatima, lo seguiremo a Cordova, dove verrà assegnato come nuovo cristiano e dove ritroverà sulla sua strada una persona che aveva salvato sulle montagne durante la ribellione e un faqih a lui molto caro fin da bambino, poi a Granada dove ritroverà l’altra bambina salvata e conoscerà dei nuovi cristiani che, come lui, continuano a difendere la loro fede con la traduzione, la copia e la diffusione di testi per loro sacri, dato che sono stati quasi tutti bruciati, e che puntano all’utopico intento di avvicinare le due religioni sotto l’immagine sacra della vergine Maria.


Purtroppo il cammino verso questo fine è arduo e molto lungo e, oggi sappiamo, purtroppo mai realizzato, anche se alcune conquiste il gruppo riuscirà ad ottenerlo.

Prima di quello però troverà il tremendo capitolo dell’espulsione di tutti i moriscos dalla Spagna, uno dei capitoli più bui della storia della religione cattolica. Le ingiustizie commesse anche in quel caso saranno veramente tante: dalla separazione di intere famiglie se composte da un vecchio e un nuovo cristiano, nonostante fossero coniugi, all’assegnazione dei figli, se maggiori di sei anni, al morisco espulso, in quanto considerati irrecuperabili, all’espropriazione di tutti i beni del morisco, tranne ciò che poteva portarsi sulle spalle e solo dei soldi necessari per pagare il viaggio.


La mano di Fatima è uno dei simboli cari a diverse religioni, e in questa storia è un ciondolo della protagonista, che accompagnerà Hernando fino al fine, contribuendo a mantenere viva in lui la speranza e la sua fede nascosta, ma anche ad annullare le distanze e la mancanza della moglie.


Sicuramente questo libro è stato scritto con una visione di parte, che porta ad evidenziare maggiormente le violenze subite dai musulmani e dalle altre minoranze etniche e religiose, come gli ebrei ed i luterani (a tal proposito mi è tornato in mente varie volte Il medico di Saragozza, di Noah Gordon), e fa emergere alcune delle contraddizioni della fede cristiana professata a quei tempi, a partire dal comportamento corrotto e inadeguato dei preti che diventavano tali per le ricchezze ma poi avevano donne e figli, al fatto che non permettessero le elemosine, alla loro poca cura di sè e della pulizia personale, alla scarsa compassione e perdono inesistente, alle pratiche sessuali bigotte che vedevano le mogli come sacre e con cui praticare sesso solo nella posizione del missionario, in maniera fredda e solo per procreare, senza nemmeno mai vederle nude, salvo poi ricorrere alle prostitute e all’adulterio per sfogare la loro libidine, con cui praticare ogni genere di desiderio peccaminoso, alle monache diventavano tali perché le famiglie più povere non potevano dare la dote a tutte le figlie, al senso dell’onore che impediva loro di fare i lavori più umili, fino a pratiche ridicole e grottesche come le processioni di flagellanti per chiedere una grazia a Dio, di cui ancora oggi in diversi paesi si porta ricordo nelle tradizioni.

È anche vero però che i massacri perpetrati dai moriscos nei confronti dei cristiani non vengono taciuti, ma messi in luce e descritti in tutta la loro crudezza. Il quadro che emerge risulta però purtroppo effettivamente sbilanciato a sfavore dei cristiani.

I Luterani appaiono proprio come un tentativo di rivalutare una fede che appare non più sentita, ma che troverà la persecuzione perché vista come una minaccia al potere della Chiesa.


Questo libro però riesce a trovare purtroppo una triste somiglianza tra i due popoli, nella impietosa condizione in cui sono relegate le donne, sottomesse agli uomini, limitate nei movimenti e nelle azioni, messe nella condizione di dipendenza assoluta in quanto non padrone nemmeno dei loro miseri guadagni, destinate alla cura della casa e all’educazione dei figli, anche se supervisionate anche in questo dai mariti per quanto riguarda i figli maschi. Aisha in particolare rappresenta in maniera evidente tutto ciò, anche se personalmente, da un certo punto in poi, non ho potuto che disprezzarla, quando finisce per diventare la fautrice delle più grandi ingiustizie che toccano a Hernando, ma ugualmente si sente in diritto di compatirsi e piangersi addosso e di giudicare aspramente il figlio senza nemmeno ascoltarlo e dargli la possibilità di spiegarsi.

È possibile anche trarre da questo libro un quadro su usi e costumi della Spagna a quei tempi, e tra questi l’antesignano della moderna corrida, pratica abominevole che vedeva i nobili a cavallo sfidare i tori in un recinto per dimostrare il loro coraggio e valore, fino ad ucciderli dopo varie torture, e farli a pezzi per avere dei trofei, e spesso portando alla morte anche i loro cavalli.


È stato straziante assistere impotente prima alle continue prepotenze a cui va incontro la coppia Hernando Fatima, principalmente ad opera del patrigno Brahim, fino alla decisione finale che è costretto a prendere il ragazzo a causa del terribile dilemma a cui viene posto di fronte, nonostante sia probabilmente la più corretta a livello morale.

Fatima finisce però per essere così la vittima principale di tutti gli eventi, nonostante la parentesi in cui si convince a credere ai figli.

L’aspetto che ho apprezzato di più è stato il tentativo di riappacificare i popoli avvicinandoli ad una visione comune, trovando somiglianze e punti in comune piuttosto che differenze, senza violenza.

Sono anche incuriosita dal vangelo di Barnaba che dalla nota dell’autore sembrerebbe uno dei documenti di cui non è stata dimostrata l’origine, indicati dalla Chiesa come falsificazioni.


È indubbiamente un libro molto valido e interessante dal punto di vista storico in quanto fedele nella ricostruzione del periodo e degli eventi, pur essendo davvero forte e causa di sofferenze per un lettore sensibile.

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