venerdì 26 febbraio 2021

Terra di nessuno - Eraldo Baldini

 Seguo Baldini da un po’ ed ho sempre amato i suoi libri carichi delle sensazioni, dei modi di dire e di fare tipici di questa regione.

Nonostante ciò finora non lo avevo mai trovato in questo genere, e posso affermare con convinzione che sia capace di un’ottima resa in entrambe i casi.


Titolo: Terra di nessuno
Autore: Eraldo Baldini
Edizione: Sperling & Kupfer; 2005
Pagine 180
⭐⭐⭐⭐



Qui ci troviamo nella provincia romagnola, tra Ravenna e Forlì, con 4 ragazzi, Adelmo, Enrico, Settimio e Martino, tornati dalla Prima Guerra Mondiale da poco, e alle prese con lo sfacelo che si è lasciata dietro e la povertà, e con l’inizio della famigerata epidemia di spagnola che diventerà pandemica (che coincidenza proprio oggi che se ne sente parlare tanto).

Ma non sono solo quelli purtroppo i problemi, perché gli orrori a cui hanno assistito, l’angoscia provata in trincea e tutta la morte a cui hanno dovuto assistere se li portano dietro, hanno lasciato tracce indelebili e traumatiche nella loro psiche, che emergeranno in questo romanzo quando, su proposta di uno di loro che non riesce a guardarsi intorno assistendo impotente a tutte le perdite di vite subite in paese e sentendosi in difficoltà nell’avere a che fare con persone e luoghi in cui non si riconosce più, decideranno di avviare una carbonaia sull’Appennino, in uno dei boschi della zona, detto “delle facce”.

L’angoscia e la claustrofobia la fanno da padrone in questo libro che seppure breve, è capace di lasciare segni indelebili nelle nostre menti anche a distanza di giorni.

Il mondo naturale che li circonda assume subito la connotazione di ambiente greve e minaccioso, anche se la minaccia è onirica ed impalpabile, perché tutto ciò che si riesce a vedere sono simboli non minacciosi di per sè, ma che chiaramente richiamano un passato per loro vicino, che riescono quindi per questo motivo a creare attivazione e ansia, per la sensazione di trovarsi in un luogo di “non vita” a metà tra la guerra e la vita normale, sentendosi intrappolati da un destino famelico che li divora a poco a poco, senza possibilità di scampo, neanche per Enrico che probabilmente è l’ultimo a cedere perché aveva dato segni di maggior sicurezza e di legami e principi ancora saldi.


La Terra di Nessuno è quella zona di confine tra una trincea e quella nemica, dove stanno i corpi abbandonati dei feriti che non possono essere recuperati, mangiati dai topi e lasciati a imputridire nel fango. Ma questo diventa anche il pensiero persecutorio per i soldati, giovani che non sapevano nemmeno cosa significasse la guerra, che vedono morire tanti amici lasciati lì a marcire lentamente, portandosi dietro il senso di colpa per non aver potuto salvarne nemmeno il corpo, e che ne popolano gli incubi come destinati a vagare in quel limbo di confine.

Ma la terra di nessuno diventa anche ciò che poi contraddistinguerà le esistenze di chi sopravvive, destinato a vagare per sempre in un limbo, perseguitato da quelle immagini, come sarà in questa storia per i morti nella capanna.


Elemento costante in tutti i libri di Baldini sono le tradizioni, che siano orali o scritte, fatte di riti e cerimonie o di leggende e credenze popolari, che diventano parte caratterizzante e perciò fondamentale di tutto ciò che accade ai protagonisti.

In questo caso l’esempio che respirare il fumo del carbone faccia bene, che il nome di un bosco venga da qualche cosa che ci sia successo o che si sia visto (e da qui Martino che è il più instabile parte con le immagini), o che gli uccelli detti succiacapre cantino perché stanno parlando ad un’anima in procinto di allontanarsi.

Tutti questi segni risvegliano nei ragazzi ricordi di episodi legati al mondo orrorifico in cui sono stati relegati fino a poco tempo prima e cominciano a minare la loro sicurezza e stabilità mentale.

Perché la guerra diventa una condanna da cui non si può scappare.

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