Titolo: La figlia dell'ottimista
Autore: Eudora Welty
Edizione: Fazi; 20 gennaio 2005
Pagine 190
⭐⭐
Terribile terribile terribile.
Mi sono annoiata così solo con Cime tempestose e pochi altri, e ora non me ne vengono in mente!
La storia è per me senza senso. Irrompiamo così di colpo nella visita di questo uomo, giudice McKelva, che deve essere operato per una cataratta a un occhio e un graffio all’altro.
Dopo l’intervento, che è andato bene, però, non si capisce perché o per come, resta ricoverato e non accenna a riprendersi. E dopo un tentativo maldestro della giovane seconda moglie di scuoterlo, muore.
E ci troviamo a subire la pessima compagnia di questa, Fay, da un lato, cafona, senza un briciolo di sensibilità, materialista e teatrale, e dall’altro della figlia Laurell, lamentosa, tragicizzante in qualsiasi parola e gesto, debole e che si continua a trascinare e ad indignare per qualsiasi accenno a consolarla o a commemorare, fatto da chiunque nei suoi confronti.
Diciamo che avrei salvato solo le dieci pagine circa della notte in cui Laurel si ritrova da sola nella casa e ricorda.
Ma poi tutto resta solo fine a se stesso.
E costituisce un’accozzaglia di immagini e di scene buttate lá così, non si capisce bene con che scopo.
Non mi spiego veramente come possa aver vinto un Pulitzer.
Da dimenticare assolutamente!
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