sabato 13 febbraio 2021

La spada che canta. Cronache di Camelot #2 - Jack Whyte


Titolo: La spada che canta
Autore: Jack Whyte
Edizione: Piemme; 1 febbraio 1999
Pagine 460
⭐⭐⭐⭐



Secondo volume della saga.

Ambientato come il primo nella Britannia del 400 d.C.

Protagonista è lo stesso Publio Varro che avevamo lasciato lontano da casa al termine del primo volume.

In questo entriamo subito nel vivo dell’azione ed è molto più movimentato, arrivando finalmente alla forgiatura di questa mitica spada e, anche se le parti relative alla forgiatura e progettazione di questa risultano un po’ lunghe, è emozionante assistere alla nascita di Excalibur la spada che canta!

Procede anche l’organizzazione della Colonia con i suoi abitanti, con la creazione di un Consiglio, ma anche le battaglie per la difesa dai popoli esterni che stanno invadendo la Britannia, grazie all’alleanza con i Celti di Ullic.


Mi piace che venga trattata una parte della storia che finora è sempre stata lasciata un po’ in ombra, e anche che sia ricco di intrighi e tensione.

È appassionante assistere alla fine di un’epoca ma anche vederne nascere, crescere e svilupparsene una del tutto nuova, con un principio di quella inclusione tipica del mondo britannico.

Mi lasciava un po’ perplessa però finora il fatto che non avesse ancora fatto la sua comparsa Artù, dato che questa serie è presentata come le cronache di Camelot, ma finalmente qui vengono introdotti nuovi protagonisti tra i discendenti, come già il ritorno di Pico e il matrimonio in programma facevano supporre,

e spuntano Merlino e Uther Pendragon e assistiamo alla nascita di Camulod.


Vengono sollevate importanti riflessioni riguardo la libertà.

Comincia ad esserci una degenerazione dei comportamenti della gente della Colonia e non solo, e della loro moralità. Da cosa dipende? È la natura dell’uomo, come diceva Hobbes? Serve una legge più forte, un controllo più presente come minaccia per chi vada fuori legge, per farli comportare nel modo corretto? O invece è un’evoluzione indipendente da questo, della società intera?

E poi: per controllare questa depravazione, come si deve fare, quali possono essere i mezzi migliori? Quali uomini possono ergersi a giudici in questo senso? E dove devono fermarsi, quali sono i limiti da rispettare? Possono semplici uomini spingersi oltre, fino ad entrare nella sfera privata di un nucleo familiare o di un singolo?

Ed infine altro argomento molto importante ed ancora oggi attuale: per prendere delle decisioni così importanti e fare valutazioni tanto delicate, serve la partecipazione delle donne. Ma come è possibile ciò se non è mai stato permesso a nessuna donna in una società fortemente maschilista?

A questi interrogativi la società britannica nascente si mostrerà più avanzata e con una capacità di innovare più grande di tante società moderne.


Allo stesso modo troviamo discorsi riguardanti la religione e più precisamente la posizione degli uomini di Chiesa su come esercitarla e sul peccato originale e la grazia e quindi la responsabilità umana, davvero tanto avanti per i tempi.

E il metodo introdotto per le assemblee del Consiglio è qualcosa di tecnica psicologica che ancora nella politica attuale non esiste.


In questo libro assistiamo in diretta più che nel primo allo sfacelo dell’impero romano glorioso, per mano dei barbari che invadono ai confini, in questo caso a nord.

Ma viene esposto anche come la scelta di Teodosio di dividere Oriente e Occidente tra i due figli possa essere stata disastrosa, come la versione dei vandali tra i tanti esempio, mostrati come popolo rozzo e disorganizzato e che abbia solo avuto fortuna, sia in realtà la prospettiva di chi ne ha scritto, mentre invece qui per esempio di Stilicone e le sue truppe viene mostrata una faccia ben diversa.

E vengono mostrate anche le innovazioni a livello militare, di cavalleria pesante, che cominciano a comparire ispirate dall’insegnamento di Alessandro Magno, prima, e dai Goti ad Adrianopoli, poi.


Facciamo di nuovo lo sgradito incontro coi Seneca, con una sorpresa sconvolgente che sembrava impossibile inizialmente, che come sempre portano rovina e vendetta.

Io sarei stata meno diplomatica come è Britannico, e molto più incline alla soluzione di Luceia.

Purtroppo non riceverà per l’ennesima volta la sorte che si sarebbe meritato e avrà modo di fare tanti tristi e pesanti danni.

solitudine

La scelta di far concludere così il libro l’ho odiata anche se forse sarebbe stato prevedibile.

Unica pecca: non capisco davvero l’utilità ai fini della storia narrata, di quella parte iniziale così spinta con Cilla ma vabbè.

Anche in questo romanzo viene sottolineato il clima piovoso dell’Inghilterra😆

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