giovedì 7 gennaio 2021

La felicità del cactus

 

Chiudo questo libro che ho semplicemente adorato, con una sensazione di vuoto terribile!

Non avrei mai voluto che finisse per non dover lasciare i protagonisti.


Titolo: La felicità del cactus
Autore: Sarah Haywood
Edizione: Feltrinelli; 14 luglio 2018
Pagine 362
⭐⭐⭐⭐⭐



Incontriamo Susan in un momento per lei molto difficile a causa di due eventi particolari: la morte della madre, che risveglia in lei una serie di ricordi che non avrebbe voluto più affrontare e la porta a fare i conti col suo passato, e la scoperta di essere incinta, quantomai inattesa e a cui non avrebbe mai pensato.

Susan ha più di 40 anni e ha trascorso tutta la sua vita finora a costruirsi una parvenza di normalità, barricandosi dietro una rigidità estrema ed una serie infinita di regole che la hanno allontanata da qualsiasi rapporto sociale genuino e da tutte le emozioni.

Lei ha un lavoro sicuro come consulente legale in un’azienda, in quanto, pur essendo laureata in legge a pieni voti, non ha voluto rischiare con l’imprevedibilità di una professione legale, e porta la sua estrema pignoleria in ufficio, dove cerca di tenere lontano qualsiasi rapporto con i colleghi e di trovare modi per massimizzare il rendimento e l’efficienza, limitando gli sprechi di momenti vuoti per lei inutili, come prendere il caffè al bollitore in più di uno, o spostarsi per consegnarsi i documenti, scambiando due parole.

Susan è come i cactus che tanto ama e che coltiva, e ha nascosto la sua parte più vulnerabile dietro una coltre di spine.


Alla morte della madre vengono subito alla luce i rapporti malsani col fratello Edward, soprattutto a causa della battaglia legale che intraprende per dimostrare che il testamento, secondo cui la donna ha lasciato la casa al fratello con diritto di usufrutto a vita, sia stato redatto in condizioni di confusione mentale e di coercizione da parte di lui.

In questa resa dei conti della ragazza con la sua vita, troviamo ad accompagnarla diverse persone con cui fino a questo momento, non aveva avuto alcun tipo di rapporto: la vicina Kate, con i due bimbi; Rob, l’amico del fratello, che vive temporaneamente in casa con lui; la zia Sylvia, che sembra quanto di più lontano possa esistere dalla sua personalità, e che invece poi, in maniera del tutto inaspettata, arriverà a ricoprire un ruolo fondamentale per lei.


Inutile dire che ho trovato questa donna così simpatica perchè tanto tanto vicina a me e al mio modo di essere e di affrontare la vita da alcuni punti di vista.

Io non sono mai stata capace di tenere a freno le emozioni a differenza sua, ma questo timore delle relazioni perché possono ferirti, il non voler avere bisogno di nessuno e costringersi a farne a meno barricandosi dietro una corazza algida, li riconosco molto miei e li comprendo perfettamente.

E come potrebbe essere altrimenti leggendo a poco a poco la storia della sua infanzia e dell’adolescenza, segnate da esperienze quantomai devastanti?

Si può partire dall’alcolismo del padre, che la ha portata a vivere nel costante timore dell’altro e ad evidenziare in maniera eccessiva l’imprevedibilità delle persone, per poi passare all’atteggiamento sostenuto e freddo della madre nei suoi confronti, sempre comprensivo ed eccessivo invece nei confronti del fratello più piccolo, per arrivare ai terribili tiri giocatele dal fratello, bugiardo immaturo ed egoista, a volte con l’aiuto delle due cugine, fino a quello peggiore che ha purtroppo coinvolto il primo ed unico fidanzato di Susan.

Nel rapporto con la madre, segnato da continue ed elevate richieste, da una tiepida approvazione e soprattutto da drastiche condanne, troviamo la radice del suo perfezionismo, del non lasciarsi andare per timore di sbagliare, del suo sentirsi in fondo inadeguata che la porta a cercare di essere meglio di tutti gli altri pur di essere in fondo normale nella vita si tutti i giorni.

Mi ha fatta commuovere diverse volte vedere come le emozioni, al contrario di ciò che voglia far apparire, abbiano segnato in maniera forte e traumatica la sua esistenza, prima di portarla alla situazione attuale.

In particolare mi ha fatta piangere la descrizione dell’unica giornata perfetta della sua vita in famiglia, giornata che dovrebbe essere più o meno la normalità nella vita di tutti, nessuno escluso, e anche la parte in cui descrive le sensazioni nei confronti della figlia appena nata e immagina se gliela dovessero portare via.

E questa battaglia legale la conduce all’ultima devastante rivelazione che le causa tanta sofferenza di nuovo, impossibile da confondere, ma che la aiuta a comprendere meglio e spiegarsi finalmente il comportamento della madre durante tutta la sua vita, facendola rendere conto di non esser stata realmente amata, e che sia stato ciò a farla diventare come è oggi.


Accanto a questo suo viaggio nel passato, indispensabile per fare i conti col presente, affronta l’altro viaggio importante che la porta a diventare madre, e punto di riferimento per qualcun altro, e a doversi relazionare per forza con i pensieri e le emozioni di qualcun altro.

Inutile dire che è stato grottesco vedere come lei e il padre Richard avessero impostato la relazione e come poi arrivino ad accordarsi sul gestirla, in vista della nascita della bimba, ma è chiaro come lui, seppur non cattivo anzi, cerchi di fare la cosa più giusta sempre, ma resti ancorato al suo passato senza evolvere, a come lei era fino a quel momento, ma senza compiere la crescita personale che invece lei affronta.

Evidente è la contrapposizione tra il passato in Richard, e il futuro in Rob, uno freddo algido e distaccato, sempre razionale e ponderato nelle scelte, l’altro impulsivo, caloroso, emotivo, un po’ instabile e trascurato, ma che compie anch’egli un’evoluzione grazie al rapporto con Susan che sembra completarlo, aggiungendo sfumature al suo carattere che prima gli mancavano.


Kate è per me, l’alter ego di Rob, giovane, emotiva, che si lascia prendere e sconvolgere dagli avvenimenti, capace di mangiare una scatola intera di cioccolatini in una volta sola, ma vera, sincera e unica in grado di andare oltre l’apparenza per vedere la realtà nascosta dietro la maschera della protagonista. Sarà anche la persona che per prima la porterà a confrontarsi con l’esperienza della maternità, con le responsabilità ma anche con i lati più dolci. Emblematica è la scena in cui si ritrova a fare i conti con Ava, la bambina di Kate, quando dorme da lei, dolcissima e toccante dopo i primi momenti di imbarazzo, che evidenzia come i bambini siano in grado di comprendere sempre chi hanno di fronte, meglio degli adulti spesso.


Il momento finale del parto secondo me rappresenta il passaggio della donna a un’esistenza diversa, in cui abbandona anche le ultime reticenze e prende delle decisioni che prima non avrebbe potuto mai prendere.

E lo fa in particolare perché capisce di aver bisogno di altri, e perchè è pronta a mettere da parte le proprie idee per il bene di qualcun altro.


“Esito, poi annuisco. “Fallimento,” continuo a pensare tra me. E subito dopo penso “Ma sì, al diavolo”.


Ecco io penso che chi non riesca a comprenderla sia una persona con scarsa empatia ma soprattutto una persona che giudichi il libro dalla copertina, perché questo personaggio è per me una perla rara della letteratura moderna che resterà sicuramente da ora in poi nel mio cuore.

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