Ho scelto di leggere questo libro incuriosita dalla trama perché si parlava della scomparsa e della ricerca di un bambino ma non era un giallo e dal fatto che, a scrivere di questo fosse un collega psicologo. Beh non avevo sbagliato perché non mi ha per niente delusa!
La storia inizia col ritrovamento di due diari dei bambini Rullo e Filo, di vent’anni prima, che vengono consegnati al maresciallo De Benedettiis.
Da questo momento la storia si sviluppa su tre piani temporali differenti: il presente, venti e trent’anni prima, che servono a spiegare gli avvenimenti sia presenti che passati e a svelare dei misteri irrisolti anni prima.
I protagonisti principali sono questi due bambini, Filo e Rullo, amici per la pelle, che vanno alla ricerca di Birillo, il cane di Filo, che il padre ha perso nel bosco, ma anche Guelfo Tabacci e il figlio Tommaso che sembrerebbe scomparso nel nulla.
Il destino tesserà le proprie trame tra questi spettatori, alcuni ignari di tutto, avvicinandoli e portandoli a risposte inattese.
Filo è un bambino sconvolto dalla perdita della madre, per cui incolpa il padre che da allora ha cominciato a bere e con cui quindi i rapporti sono molto complicati.
Il ragazzino decide di andare a cercare il cane che è scappato al padre mentre cercava tartufi, con l’inseparabile amico Rullo che solo lo capisce e gli sta sempre vicino, sopportando anche un po’ i suoi rimbrotti.
Guelfo è un contadino di montagna, rimasto solo dopo la scomparsa del figlio a soli due anni, burbero e solitario, che è stato anche lasciato poco prima dalla moglie che ha picchiato.
La sua denuncia per la scomparsa del figlio purtroppo non ha portato a un nulla di fatto, il bimbo non è mai stato ritrovato e lui è rimasto solo coi suoi animali e il suo dobermann a fare la guardia.
Si avverte da subito la capacità dell’autore di parlare attraverso i protagonisti, diventando loro, di passare dal dialogo tra i bambini all’espressione di un esponente delle forze dell’ordine, a quella di un contadino burbero e solitario.
Ma la cosa più bella sono le emozioni che attraverso questi riesce a farci provare: la tensione per questa inspiegabile scomparsa del bambino combattuto tra due genitori separati e dai rapporti ancora difficili, il vuoto che ha lasciato la scomparsa di una mamma e moglie tra padre e figlio che non riescono a comunicare perché chiusi ognuno nel proprio dolore, la sensazione di perdita che si declina da un lato nella disperata ricerca dell’ amico, per un bambino che si sente solo e, dall’altro lato, del figlio amato, unica compagnia adorata di un uomo burbero e grezzo rimasto solo.
A mio parere, al centro di questa storia sono proprio le relazioni: i rapporti rotti, insanabili, o perché segnati dall’assenza o perché irrimediabilmente rovinati dalla chiusura, dall’incomunicabilità o ancora peggio dalla rabbia e dalla violenza; i rapporti nuovi, con nuove conoscenze come una bambina che diventa subito amica fidata o come un giovane uomo molto originale che tiene tanto all’ amicizia; ma anche e soprattutto i rapporti ricostruiti, per la scoperta di un collegamento che non si sarebbe mai immaginato, per un riavvicinamento dopo un periodo di distanza, o perfino per la decisione di abbandonare una creazione della propria infanzia di cui non si sente più la necessità.
Sono tutti descritti alla perfezione e con la delicatezza e il rispetto che meritano, senza far emergere giudizi pesanti o facili anche su personaggi un po’ sopra le righe.
Come succede per Guelfo di cui, pur condannando alcuni comportamenti, vengono restituite le mille sfaccettature di un uomo abbrutito e incattivito dalla vita e dalla solitudine ma che in fondo è capace di sentimenti forti e puri e che fa paura solo con le apparenze dei propri modi di fare più che con il profondo bisogno di amare, che emerge in tutta la sua pienezza nella conclusione.
Ma come succede anche per il papà di Filo, rabbioso e alcolista ma capace di un innato senso di protezione e di comprensione per il figlio che ama profondamente.
E come per Scacco che, pur nella sua particolarità nel vedere le cose, viene dipinto come giovane con nobili sentimenti, che rispetta le promesse, e segnato dall’immenso dolore della perdita, forse troppo grande da sopportare restando uguali a prima.
Per tutti c’è una possibilità di riscatto e per nessuno c’è una condanna reale, definitiva, a parte per chi abbandona e si arrende.
L'autore stesso (nato nel 1968, vive a Senigallia dove lavora come psicologo e psicoterapeuta) dice della sua storia: " Nel mio intento, Io non ti lascio solo vuole essere un inno alle fragilità e alle debolezze di ognuno di noi, e di quanto queste, se ben elaborate e gestite, rappresentino i nostri più grandi punti di forza."
L’estate in questo paese rimasto come un tempo è dolce, ha per me un sapore di dolce malinconia, come tornare alla fanciullezza quando trascorrevo le vacanze dalla nonna al mare in un paesino sulle coste calabresi. I profumi, i sapori, il frinire dei grilli, il caldo del sole che batte e da cui si trova refrigerio solo sotto gli alberi, sono esattamente gli stessi e l’autore è riuscito a farli rivivere ai miei sensi.
La scena più dolce e per me commovente è stata quella del ritorno di Filo adulto in quel paesino e del ritrovare vecchi amici ma anche dirgli addio per sempre, nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, con una riappacificazione.
Unico consiglio per lo scrittore è di stare un po’ più attento agli errori nella scrittura, che a volte possono sfuggire.
Grazie alla casa editrice Salani per averci dato questa possibilità!!!
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