Titolo: Stepsister. Sorelle di sangue.
Autore: Jennifer Donnelly
Edizione: Mondadori; 23 giugno 2020
Pagine 468
⭐⭐⭐⭐⭐
Questa è una fiaba oscura.
È la storia di Isabelle e Tavi le sorellastre brutte di Ella-Cenerentola.
È una fiaba sanguinosa in cui le due si tagliano il tallone una e le dita del piede l’altra, pur di riuscire ad infilare la scarpetta e sposare il principe, con Ella, la sorella bella🙈, chiusa nella soffitta per non far rubare loro questa possibilità.
Ma è ciò che desidera Maman per loro, e a cui le ha sempre abituate; non è ciò che realmente in fondo ai loro cuori desiderano loro, una votata allo studio delle materie scientifiche e l’altra alla lotta e a cavalcare, tutte cose che non vanno bene per delle signorine a modo che si rispettino.
E così i loro cuori li hanno seppelliti in fondo in fondo al petto, strappandone pian pianino un pezzetto per volta, per metterli a tacere ed essere ciò che tutti si aspettavano che fossero. Ma purtroppo con scarsi risultati. E con tanto rancore, rabbia e sarcasmo ad accompagnarle quotidianamente facendole diventare brutte davvero.
E così ancora una volta il bene trionfa, Ella si libera e sposa il principe e lascia le due poverette sole a disperarsi per aver fallito di nuovo e perseguitate dall’intero paese per le loro azioni.
Ad un certo punto però Ella evoca la terribile e spaventosa regina delle fate del bosco e le fa la richiesta di diventare bella e questa le offre la possibilità di avverare il suo desiderio solo una volta che abbia recuperato i pezzi del suo cuore.
Contemporaneamente l’eterna lotta tra il marchese de La Chance e le Moire, in particolare la più anziana, non si ferma.
È impossibile non sorridere alle avventure di Chance e della sua strana combriccola di personaggi e delle scimmiette curiose.
Ho davvero odiato la Moira con tutta me stessa, non sono riuscita a trovare per lei nemmeno un aspetto positivo o una qualsiasi giustificazione, e ci ho provato davvero.
Tanaquill dovrebbe essere il mostro, è dipinta come tale, spaventosa, sanguinaria, che mangia creature viventi senza prima ucciderle e ama il sangue, con l’abito di gusci di scarafaggi neri, una corona di pipistrelli e aspidi come collana e con denti aguzzi e lunghi artigli da lupo, ma nonostante ciò lei prova a dare una possibilità a questa povera ragazza nonostante ne abbia viste di cose negative da lei.
Invece la Moira si ostina tutto il tempo a remarle contro solo per il semplice intento di affermare il valore del proprio lavoro, cioè che il Fato conta più di qualsiasi volontà e che gli esseri umani possano sbattersi quanto gli pare ma non saranno mai in grado di andarci contro e cambiarlo. E fa questo nonostante intraveda dei cambiamenti in Isabelle e nella sua mappa, che potrebbero mostrarle che ciò stia accadendo e che lei ne sia capace. Ma no lei è sorda e cieca e davvero cattiva senza scampo.
Si certo lo so che a un livello più alto metaforico lei rappresenta l’arrendersi alle circostanze avverse, l’incapacità di modificare la propria vita e di costruirsi il proprio avvenire e di continuare a commettere i propri errori, crogiolandosi nel rimpianto e nel rancore, restando intrappolate nel passato e non proiettate al futuro, nel presente.
E che invece il marchese de La Chance rappresenti l’opposto, cioè la possibilità di riscatto che la vita sempre ci offre, la volontà di rimediare ai propri errori e di cambiare il corso della propria esistenza, aspirando a qualcosa di più alto, che è quello che ha accompagnato per tanti anni la mia vita fino ad oggi e che ancora ogni tanto in automatico fa scattare in me il pensiero di dimostrare che sono diversa da ciò che gli altri pensano e che non voglio essere ingabbiata in delle categorie strette perché sono molto di più e nessuna potrà mai realmente comprendermi interamente, cosa che poi vale per tutti; la volontà di ribellarsi ad un destino già scritto e a chi crede di sapere meglio di tutti cosa sia più giusto per te.
Ma nonostante ciò o forse proprio a causa di ciò, non sono riuscita a non odiarla profondamente per tutto il libro.
Ma poi in realtà in questo libro c’è molto di più: c’è un inno al potere delle donne, che va molto oltre il semplice femmininismo, diventando la voce della forza che hanno e di come, liberandosi da pregiudizi e controlli possano spiccare il volo.
E c’è un inno alla diversità come aspetto prezioso delle nostre vite, laddove venga compreso e apprezzato, prima di tutto da chi ne è portatore. Perché le due sorellastre vengono additate come brutte, non tanto perché lo siano davvero, ma perché si rinchiudono nel rancore e nel biasimo senza saper godere del privilegio che hanno nel distinguersi dalle altre ragazze, ma finendo per lasciarsi soggiogare dall’ambizione della Maman e scagliandosi contro Ella per la gelosia e l’invidia che questa fa provare loro nell’essere esempio di tutto ciò a cui loro due non arriveranno mai.
Però diciamoci la verità non è tanto amabile Ella nella sua più completa perfezione, lei che ama tutti e il cui perdono non serve nemmeno chiederlo, quanto Isabelle e Tavi che, seppur con i loro difetti e i loro sbagli, riescono a risalire e a combattere contro tutte le ingiustizie, diventando persone migliori.
Alla fine le carte in tavola si rimescolano perché, arrivano delle rivelazioni che riportano la favola a livello della realtà mostrando come in realtà anche quelli che sembrano perfetti abbiano i loro difetti molto ben nascosti, perchè anche la cocciuta e iraconda Isabelle comprende che non è l’apparenza ciò che conta, e perchè, benché Chance appaia molto più positivo e simpatico della Moira, il suo è comunque uno spingere la ragazza verso delle scelte scritte mentre ciò che soprattutto si vuole rivendicare qui è a mio parere la possibilità unica di ciascuno di noi di scrivere la propria storia e di decidere la propria strada e come tutte le scelte, dalle più piccole quotidiane a quelle più importanti, contribuiscano a farla e a determinare il nostro destino.
Ed è proprio lì che Tanaquill diventa difensore della libertà più pura ed estrema, quella di farsi da sè, essendo solo ed unicamente ciò che si desidera.
Certo ancora in alcuni aspetti torna la fiaba, nel modo in cui la gente accetta il cambiamento, nelle scelte del re precursori di quelle che nella realtà arriveranno molto tempo dopo e con fatica immane e dolore, ma in fondo non è difficile dopo tutta questa storia credere che, in un mondo fuori dal tempo, i miracoli accadano!
“Smetti di gravare sugli dei. Smetti di maledire il diavolo. Non ti indicheranno il cammino. Ti hanno elargito i loro oscuri doni: ragione e volontà. Ora tu devi trovare la tua strada. Ciò che è fatto è fatto. Sia stato fatto a te o da te, non puoi cambiarlo. Ma ciò che non è fatto non è fatto. E lì alberga la speranza, incombe il rischio. Credi nel tuo potere di trovare la tua strada. Oppure no. Hai comunque ragione. Ogni guerra è diversa, eppure ogni battaglia è uguale. Il nemico è solo una distrazione. Ciò che combatti, sempre, è te stessa.”
“Isabelle trasse un profondo respiro. Come se non avesse trattenuto il fiato per secondi nè per minuti, ma per anni.
È come un fuoco, Ella-disse.
Cosa?
La gelosia. Brucia così ardente, così luminosa. Ti divora finché diventi soltanto un rudere annerito dal fumo, senza più nient’altro dentro.
Nient’altro che cenere-continuò Ella.
Isabelle chiuse gli occhi e setacciò quella cenere. “
“In questo triste, difficile mondo ESISTE la magia. Una magia più potente del destino, più potente della sorte. Visibile nei luoghi più improbabili.
Di notte, presso un focolare, dove una ragazza lascia un pezzo di formaggio per un topo affamato.
In un macello, dove i vecchi e gli infermi, i deboli e gli emarginati contano più dei soldi.
Nella piccola mansarda di un povero carpentiere, dove tre sorelle imparano che il prezzo del perdono è perdonare.
E ora, su un campo di battaglia, dove una semplice ragazza tenta di rovesciare le sorti di una guerra sanguinosa.
È la magia di una fragile e fallibile creatura, capace sia di indicibile crudeltà sia di estrema gentilezza. Risiede in ciascun essere umano, pronta a redimerci. A trasformarci. A salvarci. Se soltanto troviamo il coraggio di ascoltarla.
È la magia del cuore umano.”
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