giovedì 31 dicembre 2020

Senza difese

 

Titolo: Senza difese. Eve Dallas #1
Autore: J. D. Robb
Edizione: Leggereditore; 24 giugno 2020
Pagine 324
⭐⭐⭐ 



No decisamente non ci siamo.
In questo primo libro della serie facciamo la conoscenza con Eve Dallas la detective protagonista di questi casi, insieme al capitano Feeney e al comandante Whitney.
Il caso su cui si trova ad indagare, subito dopo averne chiuso uno che le ha lasciato dei pesanti strascichi psicologici, è quello di un serial killer che uccide le prostitute.
La particolarità è che ci troviamo nel futuro e che le armi a fuoco sono state sostituite da quelle laser, e quindi le armi antiche usate per gli omicidi provengono sicuramente da collezionisti, e che la professione più vecchia del mondo è stata regolamentata diventando un lavoro come tutti gli altri, che viene scelto anche per piacere, e i cui professionisti non stanno più per strada poveri, sfortunati disadattati, ma nelle loro case e con regolari licenze e controlli periodici.

Devo dire che la costruzione del caso e delle indagini non mi sono per niente dispiaciuti, per gli intrecci di politica e giustizia, e per il coinvolgimento di un piano più personale dell’agente, nonostante la storia non avesse granché di originale e che i due colpi di scena finali non lo fossero realmente perché li avevo previsti già dopo le prime cento pagine.

Le note positive però purtroppo finiscono qui.
I personaggi non mi hanno davvero convinta fino in fondo, nessuno.
Roarke è forse quello meglio delineato anche grazie a descrizioni di abitazione, abitudini, collezioni, ecc. ma la Dallas non è riuscita a fare altro che essermi antipatica fin da subito.

Purtroppo l’autrice ci ha provato a darle una nota umana, a costruirle un passato traumatico che emerga solo da un certo punto della storia cercando di sconvolgere, ma il risultato è stato solo quello di farla oscillare tra il personaggio senza macchia nè paura, totalmente ridicolo, e una figura patetica che appaia perseguitata e devastata ma che voglia far finta di niente fino ad un certo punto come per magia, ricordare tutto.
Ma, a dirla tutta, la cosa che ancora di più mi ha profondamente annoiata, è stata la storia d’amore che diventa l’elemento centrale relegando il thriller in secondo piano, con abbondanti scene di sesso descritte nei minimi particolari.

Ora vorrei capire perché debbano per forza esserci tutti questi cliché, con il belloccio di turno di cui non si sa nulla e che non concede il proprio cuore a nessuno, che magicamente si innamora perdutamente proprio di questa donna con un fisico nella norma, capelli tagliati male, non curata e alquanto patetica, permettendo a lei pure di decidere delle sorti di questo sentimento, di respingerlo, maltrattarlo, rifiutarlo, ignorarlo ed evitarlo, e comunque continuare ad accanirsi nel volerla conquistare.
Io davvero non riesco a capirlo, perdonatemi.
A volte ho apprezzato la storia d’amore surreale ma laddove diventi proprio da favola e non solo parodia.
Feeney è l’unico che non mi ha causato una reazione negativa a istinto, ma mi sarebbe piaciuto non restasse sullo sfondo come invece accade.

La soluzione secondo me viene un po’ troppo dichiarata, tornando a farsi strada prepotentemente più volte nella narrazione proprio come a volersi far notare e dire “se non lo avete capito io sono qui” e questo forse lo avrei un minimo evitato dato che, chi come me è appassionato di gialli e thriller, intuisce subito il coinvolgimento.

E poi, altro elemento non riuscito, è secondo me l’ambientazione futuristica, che in realtà manca.
All’inizio non mi ero neanche accorta devo ammettere che fossimo nel 2055.
Se da un lato ho apprezzato la visione positivista di non ritrovarsi in un mondo da fantascienza con sconvolgimenti evidenti e che soprattutto non ci fosse una visione apocalittica del futuro, dall’altro lato trovo alquanto improbabile che le cose migliorino per alcuni aspetti, così come dipinte, al punti da annullare tutti i danni fatti in un passato molto vicino che equivale al nostro presente.

Anche la figura della psichiatra mi ha fatto amaramente sorridere, perché se mi è piaciuto come abbia gestito la situazione con la detective, il fatto che in seguito assuma il ruolo di profiler, dipingendo un quadro così accurato del killer, semplicemente avendo letto i rapporti della polizia, ha un che di demenziale e contribuisce a dare della mia categoria professionale quell’immagine magica che ha avuto fino a poco tempo fa e contro cui tanto ci siamo battuti negli anni, come se fossimo dei veggenti, capaci di leggere nella mente delle persone, e non dei professionisti che studiano il comportamento e le reazioni delle persone.

Non sono sicura che proseguirò nella lettura di questa serie.


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