lunedì 14 dicembre 2020

NEL SEGNO DEL GIALLO

Come primo libro del genere abbiamo un signor giallo, di una delle reginette british, vincitrice del Gold dagger award nel 1994. 

E' sicuramente un giallo datato ma che non ha nulla da invidiare ai migliori gialli più famosi di tutti i tempi.


RECENSIONE "IL SEGRETO DI CEDAR HOUSE" di Minette Walters

Titolo: Il segreto di Cedar house
Autore: Minette Walters
Edizione: R.L. libri, Superpocket, best thriller; 27-09-2004
420 pagine

⭐⭐⭐⭐


In particolare il mio primo pensiero è stato di associarlo ad Agatha Christie per alcuni aspetti, anche se qui abbiamo una componente decisamente più noir, ma vi ho ritrovato la stessa capacità di scandagliare l’animo umano e i suoi lati oscuri. Ed ora ve ne parlo!


Innanzitutto la trama è davvero tanto complessa in una sequela di colpi di scena senza fine.

Mathilda Cavendish viene ritrovata morta nella vasca da bagno con i polsi recisi e in testa il morso della bisbetica, con una composizione di fiori all’interno.

Quello che inizialmente appare come suicidio viene però ben presto inquadrato come omicidio in quanto non si comprende bene come avrebbe potuto la signora fare la composizione floreale e nè la sequenza corretta delle azioni da lei operate, dato che si è imbottita di sonniferi.

Le persone sospettate e che avrebbero potuto avere un movente si scopre ben presto che sono tante: la figlia Joanna e la nipote Ruth, il medico della donna Sarah, suo marito l’artista Jack, diversi abitanti del villaggio che nascondono segreti scabrosi.

In più a complicare le cose arriverà la notizia, lasciata dalla stessa Mathilda in un video, che pioverà come un fulmine a ciel sereno sul capo delle ignare parenti, delle modifiche nel testamento per cui tutto il patrimonio andrà alla dottoressa, scatenando invidie e lotte all’ultimo pettegolezzo.




Fin da subito notiamo come ogni abitante del paese ed ogni componente della famiglia Cavendish nasconda un segreto accuratamente custodito in tanti anni.

E la vecchia signora, risulta ben presto una abile manipolatrice delle vite altrui, tenendole malignamente avvinte e controllate con la minaccia di rivelarne il lato più oscuro, dandolo in pasto alle lingue lunghe dei paesani.

E questo appare fin da subito, accanto all’interesse economico, uno dei possibili moventi per l’omicidio.


Poi c’è l’aspetto molto importante di come tutte le persone coinvolte siano dipinte contemporaneamente sia come vittime che come carnefici, lungi dal delineare un quadro ben definito di buoni e cattivi. 

E qui sta la capacità che dicevo prima dell’autrice di sondare gli abissi dell’animo umano.

Mathilda è la prima ad essere dipinta, accanto all’aspetto di ricattatrice malefica, come vittima di violenze familiari e come in fondo donna fragile che non è stata mai realmente capita da nessuno e che si rifugia in un’illusione che desidera tanto per potersi ripulire la coscienza dal senso di colpa per un evento della sua vita, che non l’ha mai abbandonata.


La figlia Joanna è la seconda che replica molto bene le modalità apprese dalla madre, dipingendosi come agnello sacrificale, quando invece ha imparato sin da piccola a sfruttare a proprio favore le fragilità della madre, che poi sono anche le sue, per manipolarla e tenerla in scacco con le sue reazioni, facendosi mantenere nei suoi vizi fino ai quarant’anni avanzati.

L’immagine del gioco di specchi per spiazzare le persone che la guardano, senza mai mostrare la vera se stessa, e il suo narcisismo che diventa autodistruttivo nelle sue tante scelte sbagliate, mi ha portata all’incapacità di provare alcun tipo di empatia nei suoi confronti.


La nipote Ruth si ritrova invischiata in questo gioco di forza e controllo come unica modalità di amare tra le due donne della sua vita, e senza padre fin da neonata, e quindi emerge presto come nel suo rubare, dire parolacce e fare la dura, sia stata quella che ha sofferto di più della situazione, cadendo in una situazione angosciante nella sua ricerca di una figura paterna.


Dall’altro lato ritroviamo Sarah che, inizialmente dipinta come buona e paziente e comprensiva, unica capace di andar d’accordo con la vipera, in seguito ci viene presentata come continuamente controllata e repressa, che non si lascia mai andare a nessun tipo di impulso o di emozioni, e che finisce per essere profondamente frustrata e quindi scoppiare durante le vicende, quando si accorge che, nonostante il suo cercare di essere sempre perfetta, non riesca ad evitare di cadere vittima dei sospetti e delle malelingue.

E questo voler essere sempre perfetta e pretendere che nessuno interferisca rompendole questo suo fragile castello di carte, l’ha resa ai miei occhi un po’ fastidiosa, nonostante poi si comporti alla fine seguendo il proprio cuore.


Accanto a lei c’è il marito che è un pittore ancora non affermato, che dipinge ritratti non realistici ma di come vede la personalità del modello. E devo dire che questa cosa mi ha fatta letteralmente impazzire; sarebbe davvero bello poter avere una cosa del genere anche se credo che, come nel libro, molti non riuscirebbero ad accettare di essere visti in maniera diversa da come si rappresentino. 

Lui inizialmente lo vediamo attraverso gli occhi della moglie, come irresponsabile e traditore, interessato solo all’aspetto più materiale della vita e profittatore, mentre invece man mano che si procede nella lettura, emerge come la figura con forse più aspetti positivi di tutte, con forti principi per cui è pronto a lottare, mettendosi in gioco in prima persona ed anche rischiando certe volte. Proprio per questo contrasto su di lui viene giocato dalla scrittrice un abile colpo di scena che lascia sorpresi e con dei dubbi fino alla fine.


E poi ci sono i due vicini Orloff, Duncan e Violet, che riescono per le pareti divisorie improvvisate tra il loro appartamento e quello della morta, a sentire tutto quello che avviene nella casa, lui eterno amante della donna, nonostante lei lo deridesse come tutti gli altri.

E Jane e Paul, legati da altrettanti segreti alla signora Cavendish, che sono probabilmente gli unici a farsi meno toccare dallo “sporco” dell’esistenza, nonostante vengano coinvolti loro malgrado, a causa di un errore del passato, negli stessi giochi di potere.


E infine c’è James Gillespie, marito ubriacone e violento della vittima, trasferitosi quasi subito dopo il matrimonio ad Hong Kong, ma mai separato da divorzio da questa, che torna appena ha il sentore di possibili guadagni per se stesso per le vicende in corso. Lui al contrario, sembra invece solo contraddistinto da note negative nella sue debolezza estrema, portato a un profondo egoismo e non giustificato a mio parere dalle violenze psicologiche (e non solo) e dai sotterfugi giocati anche su di lui dalla moglie.


E poi su tutti c’è Cooper, il sergente dell’investigativa che conduce le analisi sul caso, che mostrerà una lucida capacità di analisi della condizione attuale dell’umanità e che sarà capace di restare integerrimo nonostante le tentazioni e gli sfoghi a cui comunque non sarà immune. È l’unico nella storia capace di comprendere Jack e il suo codice di colori.


Tutto questo procedere in una disamina approfondita dello spaccato di umanità che incontriamo in questo caso, lo rende forse un po’ lento, sicuramente molto lontano dal ritmo incalzante dei moderni thriller, dove però non troviamo così tanti spunti originali come invece qui. 

La lentezza sta però solo nel fatto che non succedono realmente poi tante cose utili per le vicende ma sono più scene che servono a comprendere bene chi abbiamo di fronte per poter ipotizzare il colpevole, che poi invece si rivelerà, in un gioco magistrale, diverso da quel che sarebbe sembrato, basato su motivazioni molto diverse da tutte quelle in gioco. E questo porta a fare un sorriso e a dirsi come ironicamente poi non siano le passioni a decidere le sorti dell’umanità.


Sul colpevole io aprirei una breve parentesi, facendo un’osservazione che cerchi di fare meno spoiler possibili...

Io ero convinta che, dopo l’ultimo colpo di scena colpevole fosse un’altra persona, molto vicina a quella invece dichiarata, e mi è sembrato di capire da alcune osservazioni e dall’ultima dichiarazione che fa il colpevole, che in effetti si autoaccusi alla fine per proteggere la persona che io credo realmente colpevole, però mi piacerebbe sentire pareri al riguardo da chi lo ha letto o lo leggerà.


Una trovata molto piacevole per me è stata quella di introdurre i capitoli con dei brani presi dal diario della defunta, che svelano anche alcune anticipazioni su nodi della trama che verranno poi dipanati più avanti nella narrazione.


Lo sfondo culturale che ci accompagna è quello delle opere Shakespeariane, spesso citate negli stessi diari, e che giocheranno un ruolo importante nella modalità scelta per l’omicidio.

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