mercoledì 30 dicembre 2020

Il treno dei bambini

 

Titolo: Il treno dei bambini
Autore: Viola Ardone
Edizione: Einaudi, Stile libero big; 24 settembre 2019
Pagine 248
⭐⭐⭐⭐⭐



In questo romanzo viene raccontato un pezzo di storia che fin ora mi era sfuggito.

Dopo la fine della guerra il partito comunista organizzava dei viaggi per portare i bambini del sud italia, che vivevano in condizioni misere, al nord dove venivano temporaneamente adottati da una nuova famiglia che si occupava di nutrirli e della loro istruzione.

In questo viaggio in particolare su questo treno c'è un bambino alquanto particolare: Amerigo Speranza.

Amerigo è cresiuto da solo con la mamma, non ha mai conosciuto suo padre e fin da bambino è stato costretto a lavorare per aiutare in casa ma nonostante ciò è un bambino piuttosto felice.

Quando sua mamma viene a sapere dei treni decide di separarsi da lui per dargli momentaneamente una prospettiva di vita migliore ma Amerigo non vuole partire.

Viene quasi costretto e quel viaggio gli cambierà per sempre la vita.


Viaggio, una sola parola che racchiude tutto il libro. Si perché quella narrata altro non è che la storia di un viaggio.

Un viaggio fisico in primis che poi si trasforma in un viaggio emotivo.

Se vi state accingendo a leggere questo libro dovete sapere solo una cosa: a fine lettura non sarete mai chi eravate prima. I protagonisti di questo romanzo ti entrano dentro, prendono la tua vita e la stravolgono insieme alla loro ed è impossibile non perdersi.


La scrittura è lineare e delicata, una guida dolce per i sentieri di una Napoli decisamente unica.

L'autrice con le sue parole è riuscita a farmi restare incollata alle pagine tutto il tempo, non ci sono stati cali di attenzione e l'emotività è sempre stata elevata.

Ho riso e pianto con Amerigo.

Mi sono fatta diecimila domande con Amerigo e non a tutte ho trovato una risposta.


-"Perché? Chi ti manda via ti vuole bene?"

- "Amerí, a volte ti ama di più chi ti lascia andare che chi ti trattiene."


L'unica cosa che io non ho apprezzato particolarmente (ma premetto che è un semplice gusto personale e che sono consapevole che andava fatta così e non poteva essere altrimenti). È l'uso del dialetto in maniera costante.

Quella di Amerigo è una storia di delusioni, speranza e rivincita. Una storia di errori e pentimenti... Di scelte difficili. Ma più di tutto è una storia di amore: per la propria famiglia, per le proprie origini.


Sara                    


Amerigo è un bambino napoletano che un giorno sale sul treno che porta tanti bambini meridionali dalla loro situazione di estrema povertà del dopoguerra, a famiglie del nord che li ospiteranno ed aiuteranno per qualche mese.

La sua vita viene sconvolta più di tutti gli altri bambini da questa scelta, fino ad una nuova scelta che farà in un secondo momento e che segnerà per sempre la sua esistenza ed il suo futuro tutto.

Questo libro è stato un pugno nello stomaco.

Mi chiedo, dopo averlo finito, come sia possibile che una narrazione di un bimbo (solo nell’ultima parte diventato ormai adulto) riesca a suscitare così tante emozioni e rimescolare dentro in questo modo.

Beh in questo libro l’autrice ci riesce perfettamente, ed immagino che dentro ci abbia messo qualcosa di personale per riuscire ad essere così intensa.

Intanto mi ha dato un colpo al cuore ogni singola parte delle descrizioni di Napoli, città e abitudini, vita quotidiana e usanze...mi manca la mia città, mi manca da spezzare il cuore e leggerne così, vedendola dagli occhi di un bambino, mi ha fatta sorridere scaldandomi per la vicinanza, e mi ha fatto versare qualche lacrima.

Sentire parlare con questo linguaggio a metà tra l’italiano e il dialetto è qualcosa di unico, ritrovando termini poco conosciuti, un po’ in disuso ormai anche nel dialetto parlato oggi.

Ma quello che più spezza il cuore è una terribile realtà, quella descritta, di una povertà estrema, che porta a essere costretti a sacrificare gli affetti più sacri e inviolabili, a dover scegliere tra questi e il futuro, o la possibilità di averne uno come si deve, senza privazioni di qualsiasi tipo, anche solo semplicemente per poter sopravvivere, senza la fame e con dei vestiti e delle scarpe adeguate.

E questo bambino si ritrova costretto a dover operare una scelta del genere, una scelta devastante, terribile, che non può essere davvero ponderata da un bambino di cui dovrebbero essere altri a prendersi cura, un bambino che non ha mai potuto apprezzare fino a quel momento nemmeno i più semplici ed ingenui piaceri per la sua età, un bambino che non sa come reagire alla sua condizione così diversa da quella conosciuta per così poco, ma abbastanza da diventare necessaria, se non incolpandone la persona a lui più cara e vicina , l’unica realmente presente: la mamma.

Con tutto questo si troverà a fare i conti da adulto: con il proprio passato di fuga, con un’esistenza interrotta dove, nonostante abbia in fondo avuto tutto ciò che aveva desiderato, gli mancherà qualcosa di più profondo, gli mancheranno le radici ed un’identità vera, ed avrà messo i sentimenti sotto chiave.

L’ultima parte è stata per tutto il tempo che è durata, un groppo in gola, continuo e incessante, perché è purtroppo una situazione molto comune anche oggi a Napoli. Perché esiste ancora tantissima povertà come quella descritta a cui o si sceglie di soccombere, come il fratello Agostino, o di combattere, perché anche per chi non si ritrova in quel genere di povertà, ne esiste una molto più infida che è quella del territorio, quella che non ti lascia possibilità di scelta, che ti costringe ad abbandonare la tua città e la tua terra, lasciando lì il cuore, per poter avere qualche speranza di farcela, andando al nord. Conosco tante persone costrette a fare ciò come me. E conosco bene la sensazione che si prova ad un certo punto di tornare lì e non sentirsi più a casa fino in fondo ma un po’ straniero, perché è come se, scegliendo di lasciarla, non se ne abbia più l’onore.

Spero solo di non dovermi ritrovare mai a fare i conti con la situazione che Amerigo affronta alla fine, nello stesso modo, perché sarebbe devastante, ed è perciò che cerco sempre di tenermi il più possibile in connessione con la mia famiglia, prima che arrivi quel giorno. Per lui la salvezza è rappresentata da un altro bambino, una ventata di speranza per il futuro, forse anche per la nostra adorata città.


Emanuela     

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